mercoledì 27 febbraio 2013

Anche gli immigrati lasciano l'Italia

Sono oltre 32 mila gli stranieri cancellati dall'anagrafe, nel 2011: secondo i dati dell'Istat, infatti, sono aumentate le cancellazioni e diminuite sensibilmente le iscrizioni nei mesi dell'anno successivo. Ma chi sono gli immigrati che lasciano l'Italia?
A questa domanda ha risposto una ricerca promossa dalla Fondazione Leone Moressa, di Mestre (VE), secondo la quale sono soprattutto europei che lasciano il “Belpaese” a causa della crisi economica.
I ricercatori della Fondazione spiegano: “ Si tratta di una popolazione che presenta una maggiore fragilità, rispetto a quella italiana, di fronte alla crisi. Questa fragilità e la presenza di alternative migliori altrove possono essere indubbiamente i due fattori di spinta all'abbandono dell'Italia. Un'altra uscita plausibile dalla disoccupazione o dalla precarietà occupazionale può essere quella dell'imprenditoria che, nel caso di quella straniera, ha infatti dimostrato una buona resistenza davanti alla sfavorevole congiuntura economica. Tuttavia tale scelta non può risultare preferibile all'abbandono del Paese a causa degli alti tassi di sforzo e di rischio che comporta”.
Secondo l'analisi le cancellazioni all'anagrafe riguardano – tra i cittadini europei- soprattutto i rumeni; tra gli asiatici, i cinesi e gli indiani; tra gli americani, sono soprattutto i brasiliani a tentare altre strade fuori dal territorio italiano. Restano, invece, numerose le iscrizioni all'anagrafe da parte di persone provenienti dal Bangladesh.
La Fondazione Moressa ha, inoltre, pubblicato, nel 2011, il primo Rapporto sull'Economia dell'Immigrazione, edito da Il Mulino e patrocinato dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dal Ministero degli Affari Esteri. Il rapporto raccoglie anni di ricerca e di studio sulle dinamiche economiche, occupazionali e sociali, legate ai flussi migratori in Italia, con l'obiettivo di mettere il luce la relazione che intercorre tra immigrazione e sistema economico, sottolineando il ruolo e il contributo che gli immigrati esercitano sullo sviluppo economico dei Paesi di destinazione.
Il Rapporto fornisce, così, uno strumento utile, aggiornato e oggettivo per tracciare un profilo corretto dei fenomeni migratori, affinché questi non facciano parte soltanto delle agende politiche sulla sicurezza,ma vengano riconosciuti per il loro apporto di competitività e di prosperità al tessuto sociale.

Riportiamo, di seguito, un paragrafo del Rapporto sull'Economia dell'Immigrazione.


 

Dentro e oltre la crisi

Una possibile lettura delle ricerche proposte in questo volume concerne l’impatto della crisi nel breve e nel medio periodo sul processo di integrazione degli stranieri. La recessione economica che ha interessato il nostro
Paese è diventata ben presto una crisi sociale, con gravi ripercussioni sull’inclusione e il benessere dei cittadini italiani e stranieri. In generale la crisi ha colpito in misura maggiore le fasce più vulnerabili della popolazione, di cui sono parte anche molti immigrati.
Il mercato del lavoro ha subito un contraccolpo significativo. La diminuzione dell’occupazione straniera corrisponde anche a una significativa contrazione della domanda di manodopera straniera proveniente dalle imprese e dai servizi: tra il 2008 e il 2010 i posti previsti dalle aziende per i lavoratori stranieri non stagionali sono diminuiti del 37,2%. La concentrazione della richiesta di manodopera immigrata nelle professioni meno qualificate non ha certamente contribuito a tutelare i lavoratori stranieri. La crisi ha quindi accentuato e aggravato problemi e diseguaglianze preesistenti: già a livello precrisi una famiglia straniera su quattro arrivava con grande difficoltà alla fine del mese.
In generale, l’effetto immediato del peggioramento delle condizioni occupazionali sembra essere stato quello di un rallentamento dei flussi di ingresso; un fenomeno che ha coinvolto l’Italia, ma anche altri paesi dell’Unione europea, come Irlanda, Spagna e Gran Bretagna. Parallelamente alcuni paesi, tra cui l’Italia, hanno adottato misure volte a contenere ulteriormente gli ingressi regolari e irregolari. In questo senso occorre riflettere sulle dinamiche economiche di medio e lungo periodo, dal momento che la domanda di lavoratori stranieri nell’Unione europea è destinata ad aumentare. In particolare il tentativo di diminuire i flussi legali dell’immigrazione potrebbe
portare all’aumento dell’immigrazione irregolare e al contempo al prolungare della crisi, riducendo la disponibilità di manodopera in alcuni settori e contemporaneamente esporre i lavoratori stranieri ad un maggior rischio di sfruttamento. Ciò significa anche adottare norme e misure sociali volte a tutelare i lavoratori immigrati, anche in caso di perdita del posto di lavoro.
La crisi può quindi diventare un’occasione per interrogarsi sulle attuali politiche migratorie in Italia e per valutare la loro effettiva capacità di includere gli stranieri nel tessuto sociale da un lato, e di valorizzarne le potenzialità e le risorse dall’altro. Ciò presuppone una riflessione approfondita sul ruolo dell’immigrazione per lo sviluppo economico e sociale del Paese.