martedì 12 febbraio 2013

Un Paese in attesa: di un governo e di un Papa

Ieri la notizia, improvvisa, clamorosa: la rinuncia al pontificato da parte di papa Benedetto XVI, a quindici giorni dalle elezioni, per un Paese che sta cercando un nuovo equilibrio, un nuovo (forse) assetto politico, sociale, culturale. 
A molti esponenti della cultura - cattolici e non, italiani e stranieri - è stato chiesto se le dimissioni dell'attuale pontefice porteranno ad una modernizzazione della Chiesa cattolica e molti hanno anche ricordato l'impegno di  Ratzinger nella difesa della qualità della vita, come ad esempio il Presidente della Commissione europea, José Manule Barroso che ha espresso "rispetto nei riguardi dell'ora compiuta dal Papa e del suo sostegno ai valori di pace e considerazione dei diritti umani".
E' anche vero, però, che questa può essere anche un'occasione grazie alla quale la Chiesa possa rivedere alcune sue posizioni riguardo a questioni cruciali quali: l'uso del preservativo per contrastare la divulgazione di malattie sessualmente trasmissibili; l'omosessualità e il riconoscimento delle coppie di fatto; la procreazione assistita e il tema dell'eutanasia in determinate condizioni; l'uso delle cellule staminali per la guarigione o la cura di altre mali. Questi sono temi di attualità che andrebbero presi in considerazione nella loro complessità. 
E sempre di ieri è un'altra notizia: la Corte dei diritti umani ha confermato una sentenza che risale al 28 agosto scorso: i giudici si sono espressi, di nuovo, contro la legge che nega a una coppia fertile - ma portatrice di una malattia genetica - di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.
Rosetta Costa e Walter Pavan si erano rivolti alla giustizia europea quando, dopo aver avuto un bambino affetto da fibrosi cistica, si erano accorti di essere entrambi portatori sani di quella malattia. La coppia voleva avere altri figli, per cui decise di ricorrere alla procreazione assisitita e alla diagnosi preimpianto. Ma questa è vietata dalla legge italiana. I due coniugi si sono rivolti, quindi, alla Corte dei diritti umani, facendo ricorso, sostenendo che la normativa li andava a discriminare rispetto alle coppie sterili e a quelle in cui l'uomo ha una malattia sessualmente trasmissibile; aggungendo, inoltre, che veniva violato il loro diritto alla famiglia . 
Il governo aveva fatto un controricorso, ma ieri i giudici hanno confermato la decisione di agosto e il risarcimento che lo Stato deve corrispondere alla coppia per i danni morali. 
Ora la Legge 40 dovrà essere adeguata alla Carta europea dei diritti dell'uomo e questo, secondo i legali della coppia: "Confema l'orientamento delle Corti internazionali che avevano già condannato l'Italia con decisione all'unanimità e della Corte interamericana dei diritti dell'uomo che lo scorso dicembre aveva stabilito che l'accesso alla fecondazione assistita rientra tra i diritti umani meritevoli di tutela. Attualmente solo le coppie infertili hanno accesso a trattamenti di procreazione medicalmente assistita e possono chiedere di conoscere lo stato di salute dell'embrione. Da oggi anche a tante coppie fertili sarà possibile accedere a queste tecniche e non trasmettere gravi malattie di cui esse sono portatrici. E' stata eliminata una dolorosa discriminazione nell'accesso alle cure e il futuro Parlamento non potrà più ignorare i diritti di tante persone e dovrà cancellare la legge 40".
Un argomento - questo, come gli altri citati in precedenza - di grande importanza, che presenta sicuramente tante sfaccettature e interrogativi, ma che va incontro alla difesa di nuove, possibili esistenze.