martedì 9 aprile 2013

Penalisti nel CIE, a Milano


Il 3 aprile scorso una delegazione di penalisti – avvocati dell'Unione delle Camere Penali – si è recata presso il CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) di Milano, gestito dalla Croce Rossa, che prevede una capienza di massimo 84 posti e in cui prestano servizio due mediatori, un medico e un infermiere. Durante la visita, i penalisti hanno registrato la presenza di 52 uomini e 5 transessuali.
Gli avvocati hanno affermato che: “I CIE sono dei luoghi di detenzione a tutti gli effetti e privi di garanzie che sono proprie delle carceri. Sebbene manchino le condizioni di sovraffollamento tipiche degli istituti di pena e le stanze rimangano aperte, i reparti dove vivono le persone trattenute sono chiusi a chiave e gli spazi all'aperto loro riservati sono angusti. Inoltre, rispetto al carcere, dove i detenuti sanno di cosa sono accusati e quanto dovranno rimanere ristretti, all'interno dei CIE gli ospiti non sanno quando usciranno; e li preoccupa constatare che dentro con loro ci sono persone trattenute anche da un anno, in balia dell'incertezza ma anche dell'ozio, visto che nella struttura non ci sono biblioteche, né corsi di alfabetizzazione o attrezzature sportive. Ne deriva un'atmosfera di spaesamento che si traduce in molteplici, quanto generiche, domande di aiuto che il trattenuto rivolge al visitatore”.
Se si aggiungono”, hanno continuato gli avvocati, “ che per due terzi si tratta di ex detenuti che sono passati direttamente dal carcere al CIE, vedendosi così negare non solo la libertà che avevano atteso contando i giorni, ma anche l'assistenza sanitaria di cui godevano in carcere, allora si capisce come il tasso di afflizione di questi centri sia addirittura maggiore del carcere. Nel CIE si rimane per lo più in attesa di “identificazione” e, considerato che al 95% gli ospiti sono stati ristretti in un carcere, quindi sono stati certamente identificati da varie amministrazioni dello Stato, appare evidente come la struttura non serva a risolvere, ma semmai costituisca essa stessa un problema. Un problema che, peraltro, detto per i duri di cuore, ha un notevole costo economico per le pubbliche finanze”.
Il Presidente della Camera Penale di Milano, l'avvocato Salvatore Scuto, ha aggiunto: “Ai detenuti è assicurata l'assistenza sanitaria solo per le cure urgenti, ma non hanno diritto ad altre prestazioni del servizio sanitario nazionale. Quindi, quando si fanno male, vengono portati al Pronto Soccorso per le prime cure, ma se dopo qualche tempo, per un controllo, serve la risonanza magnetica, è un problema”.
Infine: le norme europee contemplano l'esistenza di questi centri e anche il trattenimento delle persone fino a 18 mesi, ma come ricorda ancora Scuto: “Solo come extrema ratio. Prima di arrivare a questo punto devono essere messe in campo molte altre ipotesi, come ad esempio l'obbligo di firma. Tra l'altro la gestione è molto complessa e dispendiosa. Vengono impiegate molte risorse, ma il bilancio tra benefici e costi è decisamente negativo”. Poi tutti hanno concluso col dire: “Vogliamo accendere un faro...Noi chiediamo che si affronti il problema in maniera più intelligente, senza arrivare a una limitazione della libertà così pesante”.