giovedì 18 aprile 2013

Scontri nel carcere di Guantanamo: l'orrore dimenticato e i dipinti di Botero



Da un po' di tempo le cronache non riportavano più notizie del carcere speciale USA di Guantanamo,a Cuba: altre situazioni, altri fatti hanno oscurato quella realtà e il ricordo di un Passato recente di orrore e di violenza. Ma a Guantanamo sono rinchiusi ancora 166 prigionieri e, qualche giorno fa, almeno 43 di loro ha dato vita ad una rivolta.
Molti, infatti, sono ancora in attesa di un processo e, quindi, hanno intrapreso uno sciopero della fame a oltranza: dopo che le guardie hanno tentato di spostarli dalle celle comuni a celle singole, alcuni prigionieri hanno coperto le telecamere di sorveglianza e hanno aggredito i secondini con armi improvvisate. Da parte loro, le guardie hanno reagito sparando colpi di avvertimento, senza ferire nessuno e il personale medico ha assicurato di aver effettuato controlli su ogni detenuto.
La protesta, però, non nasce solo per il fatto che il comandante del campo abbia deciso di trasferire i detenuti, in sciopero della fame, in un'altra sezione del carcere, ma è determinata soprattutto dal fatto che, secondo i reclusi, i guardiani limitino la loro libertà di culto - monitorando e osservando le persone 24 ore su 24 per assicurare ordine e sicurezza - e confischino oggetti personali, tra cui proprio le copie del Corano.
Secondo Carlos Warner, difensore pubblico dell'Ohio, il comando della prigione avrebbe dovuto cercare di negoziare la fine dello sciopero e, invece, è stato fatto esattamente l'opposto.
Camp X-Ray” resta la “promessa non mantenuta” del Presidente Obama, il quale aveva giurato di chiudere Guantanamo al più presto; ma ciò non è stato ancora fatto a causa dell'opposizione del repubblicani che ritengono i detenuti ancora troppo pericolosi per essere rimessi in libertà.
Questa notizia ha riportato alla mente uno degli ultimi lavori realizzati dal maestro della pittura, Fernado Botero. Cosa c'entra Botero con Guantanamo o Abu Ghraib? L'artista delle forme opulente, dell'inno alla gioia e alla vita, ha mantenuto corpi grandi e forme rotonde dai colori caldi (giallo, ocra, rosso) per disegnare l'orrore della tortura nel “purtroppo celebre” carcere di Abu Ghraib in Iraq. Ha dipinto i prigionieri legati e imbavagliati, bastonati dai militari, ammassati gli uni sugli altri, spaventati dai cani e costretti a perdere la loro dignità di essere umani.
Anche l'Arte, quindi, si conferma come testimonianza, in Occidente come in Oriente, nel Nord e nel Sud del mondo: per non dimenticare e non ripetere gli errori. Mentre l'Italia, finalmente, si accinge a riconoscere il reato di tortura, onorando una convenzione ONU siglata a Roma circa venticinque anni fa.