mercoledì 29 maggio 2013

Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura: un manuale per monitorare il linguaggio



Migrante irregolare, migrante/immigrato, vittima della tratta, rifugiato, profugo...Per raccontare e capire le trasformazioni della nostra società bisogna ricominciare dalle parole e questo è il lavoro proposto nel saggio Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura, di Giulio Di Luzio, edizioni Ediesse.
Si tratta di un vero e proprio alfabeto che elenca molti termini – tratti dalla cronaca e dalla narrativa – di uso comune nei confronti degli stranieri migranti e che, troppo spesso, generano e confermano pregiudizi e stereotipi negativi.



Abbiamo rivolto alcune domande all'autore


Quanto il linguaggio - la parola parlata e scritta - contribuisce a fomentare il sentimento della paura nei confronti dell' “Altro”?

Il ruolo delle narrazioni pubbliche sui temi delle migrazioni ha, per certi aspetti, un valore determinante nella percezione dell'opinione pubblica del fenomeno: i media, i giornali, si nutrono, soprattutto, di fonti provenienti dal mondo della politica, da quello giudiziario e da quello delle forze dell'ordine. ne viene fuori un quadro molto piatto, basato sull'emergenza, sull'allarmismo e sul panico morale.
La maggior parte delle persone – tranne chi ha un rapporto diretto o indiretto con le comunità di immigrati - apprende le notizie da queste fonti e, così, il mondo dell'informazione diventa determinante nel formare un “pensiero unico”. Uno studio dell'Univeristà di Lecce ha messo in evidenza che laddove gli studenti hanno avuto un contatto, anche minimo, con le comunità presenti, hanno maturato un quadro più strutturato e preciso, grazie all'esperienza diretta; laddove, invece, non avevano avuto contatti con le comunità di immigrati presenti nel Salento, risentivano pesantemente di un quadro di valutazione negativa”. Si affidavano solo su quello che avevano assorbito dai mass-media.

Quali sono i termini maggiormente usati nei confronti degli immigrati?

C'è un ventaglio di parole, ahimè, grazie al quale ho potuto mettere in fila, dalla A alla Z, circa cento parole che vengono utilizzate con enfasi e con un uso quasi vendicativo da noi occidentali nei confronti di chi giunge in Europa, in Italia.
Il libro racconta, per ogni vocabolo, l'uso improprio che se ne fa. Ad esempio: “clandestino”. Esistono profughi politici, migranti economici, persone con bisogni umanitari: la parola “clandestino” è stata coniata dal mondo dell'informazione, della politica e da quello giudiziario per evocare uno scenario delittuoso, di vite condotte nell'ombra e nell'illegalità. Peccato che, invece, molte persone scappino dalla guerra, da catastrofi umanitarie, da sconvolgimenti climatici.
Oppure prendiamo la parola “extracomunitario”, termine coniato dalla legislazione italiana per indicare persone estranee alla Comunità europea, ma che poi è stato esteso ed usato per escludere certe categorie di persone dai diritti fondamentali: non chiameremmo mai un giapponese o un americano “extracomunitario” ! Oggi, infatti, la parola “extracomunitario” non è più un aggettivo, ma è diventata un sostantivo per cui, quasi ontologicamente, gli extracomunitai sono quelli che ……..commettono reati.

Quali sono le nazionalità più colpite da questo modo di esprimersi violento e denigratorio?

I Nord africani, marocchini e tunisini, in particolare, e gli albanesi. Secondo le varie stagioni storico-politiche, nel libro, sono indicate le comunita’ apostrofate con questo genere di linguaggio: per esempio, nel 1991 - con la prima ondata di migrazioni dal Paese delle Aquile verso la Puglia– albanese diventeràun’'icona negativa. Dire “albanese” voleva dire “ladro”, “persona sporca”.
Questi termini ci hanno impedito una comprensione oggettiva e più allargata dei fenomeni migratori: e proprio in questo senso il testo vuole essere un manuale per i giovani, per il mondo della formazione perchè scandaglia e spiega come ogni termine sia stato, sempre più, ammantato di significati negativi.

Cosa si nasconde dietro questa volontà di alimentare la diffidenza ?

Ci sono scelte politiche che solo gli ultimi trent’anni sono in grado di raccontare. L’approccio securitario del legislatore italiano fin dall’esordio, per esempio. La scelta di derubricare le priorità sul tema delle migrazioni da parte delle forze progressiste in Italia. Basta guardare quel che è successo dal 1989 in poi con la morte del profugo sudafricano Jerry Masslo in Italia, con la caduta del muro di Berlino e l’abolizione della “riserva geografica”, che limitava le tutele a chi proveniva dai Paese dell’Est.
Dopo il 1989 le forze democratiche progressiste hanno portato avanti una politica miope che non ha fatto altro che confermare pregiudizi e stereotipi.
Inoltre, sono state tagliate le nostre radici storiche come Paese di migranti.


Giulio Di Luzio