martedì 7 maggio 2013

Se tutte le donne: la raccolta di racconti di Laila Wadia dedicata all'universo femminile



Che cos'è l'amore vero?”: una domanda che nasce dalla storia della moglie dell'ambasciatore in Pakistan che decide di smettere di fare la statua all'ombra del marito per recarsi in un campo profughi, sfollati dall'Afghanistan, e lì di cominciare a parlare con le ragazze, a insegnare loro a ragionare con la propria testa e a guardare il mondo con gli occhi ben aperti, quegli occhi che osservano oltre la gabbia del burqua. “La figlia del giardiniere” è una madre. Quando viene a sapere che i capi della rivolta islamica vogliono portare via i figli a ogni famiglia per trasformarli in kamikaze, si finge pazza e si comporta male con i suoi stessi bambini, con la speranza che il suo comportamento porti i guerriglieri a prendere lei come vittima sacrificale. Ancora una donna, una futura madre, una moglie ne “Il fiore del melograno” in cui la protagonista farà in modo che la seconda moglie di suo marito metta al mondo un erede e che l'uomo non si sposi per la terza volta. Le donne vanno sempre rispettate: questo è l'insegnamento che la professoressa di inglese di una scuola di Udine vuole inculcare al suo alunno bullo e violento nel racconto intitolato “Melissa”. E il tema del sacrificio è al centro di “ Gelsomino” in cui una donna è costretta a vendere il proprio figlio ad un'altra coppia per riuscire a pagare l'operazione al cuore del suo uomo.
Questi alcuni temi affrontati nella raccolta di racconti intitolata Se tutte le donne, da poco pubblicata da Barbera edizioni, della scrittrice indiana, ma triestina di adozione, Laila Wadia. E se le donne cominciassero a pensare? E se si ribellassero ai soprusi? Se fossero più consapevoli delle loro potenzialità e qualità? Se tutte potessero studiare, lavorare ed essere autonome?
Parte da queste domande il nuovo lavoro di Laila Wadia - già autrice di altri due libri di successo “Amiche per la pelle” e “Come diventare italiani in 24 ore” - e nel quale si riferisce a tutte le donne del mondo, donne che, nella dedica, chiama “sorelle troppo silenziose”. Figure femminili diverse per età, condizione sociale, nazionalità, istruzione, ma accomunate dalla stessa capacità di essere solidali, sensibili, generose, astute, ragionevoli, profonde. Attraverso il loro sguardo, i loro gesti, le loro decisioni (spesso dolorose) e il loro coraggio la scrittrice osserva e parla della realtà contemporanea in tutte le latitudini: parla dell'assurdità della guerra, della disperazione dei profughi, della solitudine di chi vive in Occidente, delle aspettative delle nuove generazioni, della difficoltà, ma anche della bellezza del rapporto con gli uomini. Si snodano parole, lacrime e sorrisi nelle pagine di questo libro intenso e leggero, commovente e ironico che suggerisce l'importanza di saper indossare le scarpe degli altri. Sì, perchè Laila Wadia, in un'intervista, ha dichiarato di indossare sempre scarpe diverse (belle, brutte, basse, alte) e, con quelle, di camminare molto per favorire l'incontro e la conoscenza degli altri e perchè, per riprendere le sue stesse parole: “ Indossare le scarpe di un'altra persona significa farsi carico del suo destino”.