giovedì 20 giugno 2013

Giornata mondiale del rifugiato (2). Il linguaggio della poesia


In occasione della Giornata mondiale del rifugiato abbiamo l'onore di pubblicare alcune opere di Mohammad Amin Waidi, regista, giornalista, poeta. La sua è una storia esemplare e il linguaggio poetico contribuisce ad incidere i pensieri e le emozioni.
Mohammad Amin Waidi Mohammad Amin Wahidi è nato nella capitale afghana di Kabul nel 1982.
Nel 1993, durante la guerra civile afghana dei primi anni Novanta, la sua famiglia lascia Kabul per Quetta (Pakistan), dove nel 1999 Amin Wahidi finisce il liceo. Nel 2002 la sua famiglia torna a Kabul e in seguito Amin inizia a lavorare e studiare nella città afghana.
La sua passione per le immagini risale all’infanzia, quando disegnava ritratti e paesaggi a matita, usando matite colorate e pastelli ad olio. Successivamente scopre di poter mettere insieme parole in modo da dargli un senso e creare immaginazioni favolose. È così che scopre che il cinema è l’arte totale e la forma artistica migliore per esprimere sé stesso: unendo immagini, parole e suoni!
Il suo primo cortometraggio, “The red shoes” (20’), risale al 2003, ed è realizzato dopo aver seguito un workshop cinematografico di tre mesi tenutosi alla Kabul Film Organization.
Nel 2004 si iscrive alla Kabul University, Dipartimento di Cinema (Facoltà di Belle Arti) e la frequenta per due anni, senza però ultimare gli studi. Dal 2005 al 2007 segue anche corsi di recitazione, digital filmmaking, montaggio e sceneggiatura nella privata Academy of Art and Education of Cinema di Kabul.
Negli anni successivi inizia a collaborare con alcune case di produzione cinematografiche, la AFC (Arman Film Company) e la Academy of Art and Education of Cinema, dove era stato studente. Lavora anche per la ATN (Ariana Television Network) come scrittore, produttore e presentatore di tre programmi settimanali dal 2004 al 2006:
È uno dei primi hazara ad apparire sullo schermo televisivo, fatto intollerabile per i fondamentalisti pashtun.
A fine 2006 viene minacciato dai fondamentalisti per il suo programma televisivo educativo “Let’s Learn Together”, considerato promotore del linguaggio degli “infedeli” nella terra dei Musulmani. I fondamentalisti del Sud del Paese minacciano di bruciare gli uffici della ATN se il programma non viene cancellato, ma soltanto per salvare il canale.
Nello stesso anno, il suo programma settimanale sul cinema - un programma per la promozione dei diritti umani – viene, invece, fermato. Amin Wahidi decide quindi di lasciare la sua carriera televisiva per ragioni di sicurezza.
Inizia a lavorare come giornalista e produttore per un breve periodo per la Farda Radio, attività che non riesce però a colmare la sua “passione per le immagini”. A inizio 2007 fonda la Deedenow Cinema Production Afghanistan, una piccola casa di produzione privata con sede nella Kabul occidentale, con lo scopo di realizzare e produrre cortometraggi e lungometraggi. Qui realizza il suo secondo cortometraggio, “Treasure in the ruins” (27’, 2007), insieme alla Razi Film House.
Sempre nel 2007, mentre cerca le location per il suo primo lungometraggio “The Keys to Paradise”, viene ancora una volta minacciato dagli estremisti a causa della trama del film. “The Keys to Paradise” racconta la storia di un attentatore suicida talebano, che negli ultimi minuti cambia idea e non commette l’attacco terroristico, vivendo il resto della sua vita con incubi, rimpianti e sensi di colpa per aver tradito i suoi amici.
A seguito di queste minacce di morte, il progetto resta irrealizzato e Amin Wahidi lascia l’Afghanistan con l’aiuto di amici giornalisti e attivisti dei cinema e diritti umani, giungendo in Italia dove chiede asilo politico a fine 2007 – asilo che gli viene concesso nel 2008.
Attualmente Amin Wahidi vive come rifugiato a Milano, lavorando part-time come librario alla Feltrinelli e studiando cinema nella prestigiosa scuola di cinema di Milano.

La differenza fra qua e di là

Qui,
sulla collina verde,
dove c’è la pace e la tranquillità
in mezzo all’erba fresca,
e la vita è dolce e bella
anche i diritti delle pecore
vanno rispettati.
Mentre da dove vengo io
terra di cenere e polvere
la cosa meno costosa è
il sangue di un uomo
e la vita di un essere umano
che costa
meno del prezzo di una pecora

*****

Qui,
sopra questa bella collina
è blu il cielo
con un sole sorridente in mezzo,
c’è attorno il mare clamoroso
che rilassa la mente e
coccola l’anima
scrosciandosi
e poi i diritti dei pesci di specie diverse
anche vanno rispettati!
Mentre da noi come una giungla selvaggia
chi ha le zampe più forti,
è lui il leone del territorio
e se hai un colore un po’ diverso
ti prendono la vita
strappandoti il corpo
o sparandoti nella testa

*****

E con tutto questo
io qui, migliaia di chilometri
oltre il mare, lontano da casa
dopo ormai tanti anni
ancora vivo
con tutto ciò
che avevo portato
dentro di me,
dalla mia terra madre;
amore, dolori e valori!
a tenermi sempre pronto
a qualsiasi ora
per il momento del volo di ritorno

*****

E tu che mi chiedevi sempre
Cosa ho nascosto nel mio petto
Che è così gonfio
Ma tu che ne sai
dei miei valori e dolori?!
Basta così,
O vuoi che ti racconti ancor di più?!!


Strage di Hazara a Quetta- Pakistan

Non è più rosso
il mio cuore,
non c’è più sangue
nelle mie vene
da quando l’hanno succhiato
tutto, fino infono,
inserendomi le zanne
nella gola e nel cuore.

Non ha più senso
per me, niente,
da quando non c’è più
nessun segno dell’umanità,
sulla mia terra in giro.

Ovunque c’è il buio
è il tempo di crepuscolo
e di ulule dei lupi matti, scatenati
e urli dei vampiri ubriachi
che sono in giro e la loro
voci si sentono nel vuoto,
nel aria, al buio in assenza di uomo.

La terra è diventata foresta;
una giungla piena di belve,
un posto per i lupi e vampiri
dove si parla soltanto di caccia,
e si beve soltanto il sangue
e si mostra soltanto i denti
e si gioca soltanto con i cadaveri!
E niente altro; non si sente, non si vede
e non si capisce atorno!
Dapertutto, c’è solo il rosso del sangue!


La fragilità della vita

Forse, ho saputo
un po’ in ritardo
che la vita è così fragile
come un pezzo di vetro
che può essere rotta in pezzi facilmente
e diventa così tagliente
come un coltello senza proprietario
e che può far male
a chiunque lo tocca per sbaglio

*****

Da quando ho visto
che il confine fra
essere e non essere
è così stretto e sottile
come un filo di seta
mi sono anche accorto
che non va più bene
lasciar passare i momenti della vita
con tristezza e senza sorrisi

*****
Come un essere umano
pieno d’amore, sensi e sentimenti
Non so, di quale dissidi miei vi parlo,
delle guerre che mi stanno dentro
o del fatto che neanche si può viver
in pace senza di queste guerre interiori
ma comunque, vivo la vita in ogni caso
con un sorriso sul viso contro
tante difficoltà che mi circondano
anche se ho un piccolo nemico mortale
che si chiama ulcera!


Mohammad Amin Waidi