sabato 22 giugno 2013

Il dibattito sulla cittadinanza




In occasione di un incontro con gli studenti dei licei di Padova, il Ministro per l'integrazione, Cècile Kyenge, ha parlato dello Ius soli. “E' il Paese che deve dare delle risposte alla nuova fotografia. L'Italia è oggi un Paese meticcio dove convivono persone che vengono da tanti paesi. La forma di ius soli che si troverà darà una risposta a questa nuova fotografia dell'Italia”, ha affermato il Ministro e, a proposito delle scritte ingiuriose nei suoi confronti, ha dichiarato: “ ...Credo si debba cambiare l'ottica di come vengono percepite queste offese, questi insulti. Non sono indirizzati soltanto alla sottoscritta, ma a ogni persona. I giovani ce lo stanno dimostrando, mostrandoci la faccia dell'Italia migliore”.
Intanto il politologo e professore universitario, Giovanni Sartori, sul Corriere della Sera scrive un editoriale - che, però, viene pubblicato sulla destra della pagina - dal titolo: “Ius soli, integrazione e una catena di equivoci” in cui si legge, in riferimento a Cècile Kyenge e al suo ministero: “ Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di integrazione, ius soli e correlativamente di ius sanguinis?”. Il professore ha, poi, continuato, dicendo: “ La brava ministra ha scoperto che il nostro Paese è meticcio. Se lo Stato italiano le dà i soldi, compri pure un dizionarietto e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio, il Brasile è un Paese molto meticcio, ma l'Italia proprio no”.
La “ministra”, come viene spesso chiamata Cècile Kyenge, risponderà a breve a queste affermazioni.
L' associazione nazionale universitaria degli antropolgi culturali (Anuac) ha, invece, espresso solidarietà e sostegno al progetto di integrazione dei cittadini migranti e della loro prole, sostenenedo che, dai processi migratori e dallo scambio planetario delle merci, scaturiscono forme nuove di moltiplicazione della diversità che arricchisce tutti, dal punto di vista culturale. Ma gli antropologi ricordano che possono scaturire anche pratiche di esclusione e di discriminazione. E' necessario, quindi - oltre a una modifica delle norme vigenti per l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli dei migranti - accompagnare il cambiamento con una lotta continua al pregiudizio, al razzismo e alla disuguaglianza sociale.