giovedì 4 luglio 2013

Il Brasile e le sue contraddizioni



Brasile-Spagna: 3-0. Con questo risultato il Paese sudamericano ha vinto la Confederations Cup e la Presidentessa, Dilma Roussef, ha telefonato al ct Felipe Scolari per congratularsi. Mentre nello stadio si esultava, fuori si protestava.
Dopo le manifestazioni di piazza contro gli sprechi, la corruzione e l'inefficienza dei servizi, la Roussef crolla nei sondaggi, passando dal 57% al 30% a fine giugno, anche dopo aver proposto un referendum popolare per capire quali siano le riforme necessarie e prioritarie per il Paese. Referendum che i manifestanti hanno accolto con scetticismo. “Siamo stanchi di questi politici che non fanno altro che promesse”, “Il governo è stato destabilizzato dalla forza delle persone che hanno deciso di reagire. Adesso, con un gesto disperato, propongono una rivoluzione politica” oppure “Il governo non può essere sempre l'unico che paga. Così le compagnie private fanno profitti che restano segreti per legge”: queste alcune dichiarazioni di uomini, donne, giovani e meno giovani, che rispondono alla convocazione del referendum che dovrebbe ripristinare i diritti civili e sociali.
E, intanto, in uno dei Paesi per i quali si parla di “economia emergente”, cosa succede sul fronte dei diritti umani?
Anche durante lo scorso mese di marzo le piazze si sono riempite di persone, ancora per protesta. Una protesta contro l'elezione di Marco Feliciano come Presidente della Commissione per i Diritti Umani e Minoranze.
Deputato del Partido Social Cristiano, Feliciano si è fatto conoscere per le sue dichiarazioni omofobe e razziste: ha più volte, infatti, qualificato le lotte per i diritti della comunità Lgbt come “attivismo di satana” e sostenuto che “un negro è un negro e non può cambiare”. La sua elezione è stata sostenuta dalla bancada evangelica che, cercando di colpire la laicità dello Stato, ha condizonato la stessa vita politica contestando, ad esempio, la Roussef sul tema dell'aborto durante la campagna elettorale.
Il Movimento nazionale brasiliano per i diritti umani ha minacciato di portare il caso davanti all'Organizzazione degli Stati Americani (Osa) e all'ONU, così come le istituzioni religiose progressiste si sono dette contrarie alla nomina del pastore evangelista: ma Feliciano è ancora al suo posto e le vittime di discriminazione continuano ad essere afrodiscendenti, indios e contadini senza terra.
Ma non è finita qui: secondo le ultime notizie, si legge che, proprio in questi giorni, sia stata installata un'altra commissione che riguarda i diritti umani: la Commissione Verità, che dovrebbe far luce sulle violazioni avvenute tra il 1946 e il 1988.
Sette commissari e quattordici tecnici dovranno appurare i fatti che riguardano le violenze commesse sia da parte dello Stato sia da parte dei gruppi di guerriglia che lottarono contro la dittatura, gruppi di cui fece parte la stessa Dilma Roussef.
Due anni di tempo per ascoltare testimonianze, raccogliere materiale, convocare gli accusati: le indagini, in particolare, si focalizzeranno sul periodo tra il 1964 e il 1985 quando al potere salì la giunta militare, dopo il celebre golpe appoggiato dagli Stai Uniti: 21 anni di repressione e 475 persone desaparecidos ufficialmente. Ma sono state molte di più.
La Commissione non ospita risentimento, odio e nemmeno perdono. E' appena il contrario dell'oblio”, ha dichiarato in lacrime la Presidentessa. Mentre i responsabili delle violenze e delle violazione dei diritti umani continueranno a godere dell'amnistia approvata nel 1979.