giovedì 19 settembre 2013

Matei copil miner: una piccolo grande film rumeno, di Massimiliano Studer



La 49a mostra del Nuovo cinema di Pesaro ha premiato, nel giugno del 2013, Matei copil miner (Matei bambino minatore, Rom-Fra-Ger, col., 80’, 2013) scritto, montato e diretto da Alexandra Gulea, all’esordio da regista in un film di finzione dopo diversi lavori come documentarista, con due riconoscimenti: premio della giuria giovane e premio Lino Miccichè. La nostra associazione Formacinema è riuscita ad entrare in contatto con i responsabili del Festival di Pesaro per ottenere la copia del film e inserirla all’interno della rassegna “Le vie del cinema: i film di Venezia e Locarno a Milano” che si svolge, in diverse sale cinematografiche, a Milano dal 16 al 24 settembre 2013. La proiezione del film avverrà il 23 settembre presso il cinema Apollo di Milano in due distinti orari: alle 15 e 30 e alle ore 20. Non vi è dubbio che per Milano è un’occasione unica per poter vedere un film premiato in una delle più importanti e raffinate manifestazioni cinematografiche d’Italia. È la prima volta, infatti, che accade un evento del genere perché mai, prima d’ora, il Festival è riuscito ad arrivare nella nostra città e questo è motivo di orgoglio per la nostra Associazione.
Il film vincitore del Festival di Pesaro proviene da una delle realtà cinematografiche più emergenti d’Europa, la Romania. Già presentato con grande successo di critica e pubblico al Festival di Rotterdam, il film narra la storia di un ragazzino di nome Matei, interpretato da un giovanissimo, talentuoso e quasi sempre muto Alexandru Czuli, che vive in un villaggio minerario della Romania. La cittadina appare in rovina a causa di un evidente declino sociale ed economico dovuto alla cessazione dell’estrazione del carbone. La rappresentazione visiva di questo contesto ambientale è ottenuta dall’uso insistente di panoramiche dall’alto, in campo lungo, capaci di inserire i personaggi in un quadro che, pur desolante, emana un indubbio fascino visivo. L’esperienza della regista come documentarista permette all’occhio della macchina da presa di individuare sempre l’aspetto poetico degli scorci più desolanti. Queste inquadrature, inoltre, vengono sincronizzate, spesso e volentieri, con i versi degli uccelli in volo o con i rumori della città o con una musica allegra di origine zingara. Quasi tutto il film si svolge durante l’inverno e questa scelta di sceneggiatura è funzionale alla possibilità di accentuare l’aspetto squallido e triste di un paesino caduto letteralmente in rovina. Ed è in questo freddo e desolante contesto che il giovane protagonista cerca di trovare il calore affettivo che gli manca. Un’inconsueta passione per gli insetti permette a Matei di incrementare l’affetto proveniente sia dal rapporto con l’anziano e all’apparenza premuroso nonno sia alle algide telefonate che la madre, residente all’estero, gli fa ogni sera. Un elemento importante della narrazione è dedicato, inoltre, all’ambiente scolastico in cui il piccolo protagonista si muove ed esprime la sua personalità. Un luogo, tuttavia, gestito da adulti che sembrano incapaci di promuovere comportamenti formativi attenti alle esigenze delle piccole personalità dei loro frequentatori. Una delle scene chiave del film, ad esempio, ci mostra un amico di Matei mentre viene umiliato davanti alla classe perché non ricorda una poesia (vedi foto a fianco). Questo evento rappresenta la svolta del film perché porterà il protagonista a intraprendere delle scelte che cambieranno la sua vita. In una gelida sera, infatti, i giovani protagonisti decidono di imbrattare la macchina della professoressa di lettere con alcune scritte ingiuriose per vendicarsi dell’umiliazione subita. La bravata, tuttavia, non passa inosservata e Matei viene espulso da scuola. Il nonno, convocato dall’insegnante di rumeno, viene avvertito dell’episodio. Appena rientrato a casa, però, picchia violentemente il nipote che decide, a questo punto, di fuggire di casa. Una fuga che segnerà il protagonista e lo renderà consapevole di un disprezzo per quelle istituzioni degli adulti che non sono state capaci di comprendere il suo mondo. Matei, senza riflettere troppo sulle conseguenze del gesto, prende il primo treno che parte dal paesino e si reca a Bucarest. Raggiunge la capitale di notte e in un museo di storia naturale, In una delle scene più suggestive del film, incontra il guardiano che riesce a apprezzare e valorizzare la passione del protagonista per gli insetti. Rientrato al paesino dopo questa breve ma intensa avventura, Matei scopre che il nonno è morto. Gli assistenti sociali cercano di capire dal bambino, ormai scivolato in un rabbioso mutismo, se desidera recarsi in Italia dalla madre o se preferisce rimanere in un orfanotrofio. La madre di Matei, però, rientra in Romania per portare con sé il figlio nel Bel Paese. Mentre stanno per partire, Matei si nasconde e, in questo modo, sceglie di rimanere nel piccolo villaggio mentre la madre lo abbandona di nuovo perché, del tutto incurante del figlio, riesce a prendere l’areo che la riporterà di nuovo in Italia. Il film si chiude con la stessa inquadratura con cui si apre: una ripresa dei tetti delle case del piccolo villaggio dove Matei ha scelto di vivere.
Al di là della trama, come sempre, è più interessante evidenziare lo stile visivo del film. Una pellicola, in molti momenti, è quasi senza dialoghi e incentrata sulla comunicatività delle immagini e delle situazioni. Un montaggio sempre attento a dialogare con l’intelletto dello spettatore perché è lui a dover interpretare le informazioni per comprendere la trama. In questo senso la scelta stilistica più frequentemente usata dalla regista per narrare le vicende del protagonista è l’ellissi. Molti episodi del film, infatti, sono giocati sul salto temporale operato dal montaggio che la mente dello spettatore è costretto a colmare con l’immaginazione e la deduzione logica. Si pensi, ad esempio, alla punizione corporale subita da Matei ad opera del nonno. Lo spettatore, infatti, non assiste al dialogo tra l’insegnante e il nonno ma ne deduce i contenuti. Anche il viaggio in treno è raccontato con lo stesso stratagemma narrativo. L’altoparlante della stazione, infatti, elenca tutte le fermate e l’ultima è proprio Bucarest est. Quando lo spettatore vede camminare Matei per le strade di una città è immediatamente in grado di dedurre che si trova proprio nella capitale rumena. Un film molto intenso, dunque, da un punto di vista visivo supportato dall’espressività del viso del piccolo Matei con i suoi grandi occhi marroni che scrutano il mondo degli adulti troppo spesso cinici e del tutto incuranti delle esigenze dei ragazzi. Un film che parla della condizione dell’adolescenza e con lo sguardo universale degli adolescenti, uguali in tutte le parti del mondo. Ma è la visione diretta del film a permettere ai lettori di comprendere appieno le tematiche della pellicola.

Ringraziamo tantissimo Massimilano Studer, direttore responsabile di formacinema.it

Per poter vedere Matei Copil Miner presso il cinema Apollo di Milano, gli spettatori possono acquistare i biglietti su www.lombardiaspettacolo.it o all'Infopoint dell'Apollo, aperto tutti i giorni dalle 13 alle 20.

Aggiungiamo questo link con un altro interesante articolo di Monica Macchi, sul festival di Istanbul