mercoledì 13 novembre 2013

Aung San Suu Kyi e il premio in ritardo





Era il 1990: la leader dell'opposizione birmana, Aung San Suu Kyi, si trovava agli arresti domiciliari a causa della dittatura militare, ma continuava la sua lotta per i diritti umani e per la democrazia. Una detenzione che è durata quindici anni.
Nel '90 le viene assegnato il premio Sakharov per la Libertà di Pensiero e, l'anno dopo, il Nobel per la Pace.
Nel 2013, a 68 anni e con un fiore giallo tra i capelli, l'attivista ha potuto finalmente ricevere il primo riconoscimento direttamente dalle mani del presidente dell'Europarlmento, Martin Schultz.
Tanta commozione e un lungo applauso hanno accompagnato questo giorno importante che ha segnato l'inizio di un percorso in Europa. Il viaggio di Aung San Suu Kyi si pone l'obiettivo di chiedere una nuova Costituzione per il Myanmar perchè quella attuale attribuisce il 25% dei seggi nelle assemblee ai militari e rappresenta un ostacolo per la candidatura della stessa attivista alle prossime elezioni presidenziali, nel 2015.
Appoggiata dal suo partito, la National League for Democracy, San Suu Kyi chiede “il diritto ad esistere in base alla propria coscienza”. La leader democratica ha, infatti, puntualizzato: “ La nostra gente sta solamente iniziando ad imparare che la libertà di pensiero è possibile. Ma vogliamo che diventi una certezza la necessità di preservare il diritto a un credo libero e a una vita in pieno accordo con la propria coscienza”.
Importanti anche le sue parole riguardo alla principio di libertà e, in particolare, ancora sulla libertà di pensiero: “ La libertà di pensiero inizia con il diritto di fare domande. A molti dei nostri cittadini, tra i tanti che sono stati arrestati con cadenza quotidiana, abbiamo dovuto insegnare a chiedere a coloro che andavano a metterli in manette: Perchè?...La libertà di pensiero è essenziale per il progresso umano, se interrompiamo la libertà di pensiero interromperemo anche il progresso del nostro mondo...Perchè è una delle parole più importanti in ogni lingua. E' importante che lavoriamo sulle imperfezioni delle nostre società, che lavoriamo sulle leggi che ci colpiscono come esseri umani, sulle leggi che erodono le fondamenta della dignità umana. E questo perchè la nostra ricerca della democrazia non è terminata”.
A proposito di leggi che ostacolano la candidatura alla presidenza democratica del Paese: la Costituzione attuale vieta ad un birmano sposato ad uno straniero di occupare la Presidenza dello Stato: il marito di Aung San Suu Kyi, oggi scomparso, era di nazionalità britannica, come lo sono i figli. Anche per loro continuerà la battaglia, come donna, come moglie, come madre e come cittadina.