lunedì 16 dicembre 2013

Quando i bambini sono tanto poveri


 Un minore su dieci, in Italia, vive in uno stato di povertà assoluta, un milione e 344 bambini che subiscono le conseguenze devastanti della crisi economica e dei tagli agli enti locali: questo emerge dall'ultimo rapporto redatto dall'organizzazione Save the children dal titolo “L'Italia SottoSopra”, 4° Atlante dell'Italia (a rischio).
Spesso sono figli di disoccupati o monoreddito oppure i loro genitori hanno un livello di istruzione assente o molto basso: dal rapporto emerge se i capofamiglia sono privi di un titolo di studio, il tasso di povertà è del 3,1%. 


La logica obbligata del risparmio costringe i piccoli e gli adolescenti a vedersi privati dei servizi di base o di cure mediche: molti non si possono permettere una visita dall'oculista o dal dentista, i libri per la scuola, anche alcuni capi di abbigliamento; tanti vivono in condizioni abitative disagiate per non parlare della possibilità di partecipare ad attività ricreative o sportive.
Interessante anche il dato che i bambini più poveri soffronto spesso di obesità: non è una contraddizione, ma un'altra conseguenza del loro stato. Non si alimentano con cibi sani e nutrienti, perchè costano troppo, per cui consumano prodotti che “riempiono”, ma fanno ingrassare e minano la salute.
La povertà, colpice maggiormente e come sempre, il Centro e Sud dell'Italia, ma anche nel Nord si registra un incremento del 43% rispetto a due anni fa.
Questi dati sono sottolineati dalle parole di Valerio Neri, Direttore generale di Save the children Italia: “In questa fase di crisi i bambini e gli adolescenti si trovano stretti in una morsa: da una parte c'è la difficoltà di famiglie impoverite, spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall'altra c'è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all'infanzia, progetti che chiudono. In mezzo, oltre un milione di minori in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle”. 


Grave, infine, il risultato sull'analisi del cosiddetto “early school leavers”: 758mila ragazzi sono fermi alla licenza media e tantissimi abbandonano il circuito formativo. Nel dossier si legge, infatti, che la scuola “fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e il rafforzamento delle competenze”.
Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice”, aggiunge Neri, “la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata”. La cura consiste nell'investire proprio nella formazione e nella scuola di qualità perchè “la recessione non è iniziata soltanto cinque anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all'euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinato dal mancato investimento, a tutti i livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza”.