venerdì 7 febbraio 2014

La guerra e l'amore, l'orrore e la bellezza: le poesie di Golan Haji






Golan Haji è un giovane poeta curdo siriano, patologo di professione, ma poeta di fama riconosciuta, vincitore di molti premi letterari e collaboratore per diversi organi di stampa libanesi anche se ora vive in esilio in Francia a causa della guerra civile nel suo Paese d'origine.

In questi giorni è uscita la raccolta dal titolo “L'autunno, qui, è magico e immenso”, ed. Il Sirente, in cui l'autore propone le sue liriche, scritte negli ultimi due anni e pubblicate per la prima volta in italiano e con testo arabo originale a fronte. 

La guerra è fatta di lance che trasfigurano il corpo della terra; l'orrore comporta paura, solitudine e abbandono; l'esilio può essere ironia e la bellezza, cosa può essere la bellezza se non lo sguardo di un bambino e un desiderio nascosto dietro la spalla e sotto le ciglia?

Riprendendo la lezione di Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”, la poesia, nel testo di Haji, si pone, nei confronti della guerra, come Perseo di fronte alla testa della Gorgone: il poeta non rimane pietrificato perchè non guarda la testa, ma i suoi riflessi nello scudo. Un poeta, Haji, fortemente ancorato alla contemporaneità, ma che non permette all'orrore di pietrificare anche la libertà insita nel fare poesia. Nei suoi versi orizzonti, corpi e anime sono composti dalla stessa materia e quelle pietre o quelle lance possono farsi nuvole.

L'autore, infatti, dice: “Per uno scrittore in una situazione come quella della Siria, usando l'uscita di sicurezza dell'incubo per superare le lacrime e il dolore, è importante riuscire a vedere noi stessi in modo diverso, la nostra memoria e il nostro passato. Dobbiamo meditare e contemplare il passaggio di tempo degli ultimi due anni e interrogarci”.


Dal corpo della terra evaporare

le piogge gli avevano insegnato,

all'ombra delle rose addormentarsi

i gatti gli avevano insegnato;

e il pozzo lo guidava ad occultarsi.

Gialle le foglie in giro volano e urlano;

e l'affanno dell'albero lui ascolta.

Il mondo è lacerante come le punte delle lance,

brandelli sventolano come stendardi nell'arena

dove i folli nuotavano nelle nostre ferite

pregandole di rimanere aperte;

e nulla questo sangue fermerà

escluso il sole e il vento.




Da: L'autunno, qui, è magico e immenso