martedì 10 giugno 2014

Donne, vittime sacrificali



Di Meriam abbiamo già parlato in un precedente articolo, ma vogliamo continuare a tenere accesi i riflettori su di lei perchè, come molte altre, è un simbolo: simbolo dell'ottusità culturale e politica, di una mentalità opportunista e retrogada. Meriam Yahya Ibrahim Ishaq, ha 28 anni ed è già madre di due figli, l'ultimo partorito in carcere e senza assistenza perchè lei, figlia di una donna etiope ortodossa e di padre musulmano, si è sposata con un uomo di religione cristiana. Questa storia si svolge in Sudan e il giudice di Khartoum ha deciso di applicare contro la giovane donna la sharia con l'accusa di apostasia, nonostante la costituzione del Paese africano sancisca, dal 2005, la garanzia dei diritti umani tra cui quello della libertà di culto. E così Meriam è stata condannata a morte anche se pare che il governo sudanese stia facendo un passo indietro dopo la mobilitazione della diplomazia internazionale. Anche il Presidente Giorgio Napolitano ha auspicato una revisione della sentenza sul caso di Meriam.  


Rimane, invece, il rammarico per non aver potuto salvare le ragazze indiane, stuprate e poi impiccate ad un albero: avevano tra i 14 e i 16 anni. Nei giorni scorsi sono stati arrestati cinque uomini, ma in prima battuta la Polizia non aveva seguito il caso con attenzione perchè le adolescenti appartenevano alla casta dei “dalit”, dei paria, e quindi non erano degne di considerazione. A distanza di pochi giorni, e sempre nello Stato dell'Uttar Pradesh, un'altra vittima di uno stupro di gruppo, poi appesa ai rami di un albero: sembra che il motivo sia da cercare in un mancato matrimonio tra la vittima e il figlio di un suo vicino di casa. Nel Nord del continente, una donna di 35 anni ha tentato di ribellarsi ad una violenza carnale ed è stata uccisa dai suoi assalitori. Era spostata e madre di cinque figli.

Non dimentichiamoci delle nostre sorelle nigeriane, ancora in mano al gruppo estremista di Boko Haram (anche di loro abbiamo parlato in un altro articolo): a fine maggio, precisamente il giorno 27, il capo di Stato maggiore della Difesa, Alex Badeh, aveva annunciato di sapere dove siano tenute sequestrate e non aveva aggiunto altro per non inficiare l'operazione che, secondo il militare, le riporterà a casa. 


Continua, infine, la strage di donne italiane: con un brutto neologismo, si parla ogni giorno di “femminicidio”. E, che si tratti di Paesi ricchi o di quelli poveri, la violenza contro le donne si annida nella crisi esistenziale dell'uomo (che ha perso la propria identità e la propria umanità) e nella crisi dei valori fondamentali (il rispetto per la vita prima di tutto); affonda le radici in una cultura e in una mentalità maschiliste e prevaricatrici. Ma non riguarda solo le donne colpite e uccise – e spesso i loro figli – ma tutta la società civile perchè in ogni donna c'è un potenziale di vita. E perchè le donne sono nutrimento e cura.