venerdì 6 giugno 2014

Ugo Panella. La poesia del cambiamento



 
 

La poesia del cambiamento è il titolo dell'ultimo lavoro fotografico di Ugo Panella, profondo conoscitore dell'Afghanistan e delle persone che vivono in quel Paese in condizioni difficili, nella paura, ma anche nella resistenza tenace ad un regime che toglie diritti e libertà.



La mostra è in corso fino al 15 giugno presso la Casa delle Culture del mondo, Via G. Natta, 11 a Milano

martedì-venerdì 10 -18.30

sabato e domenica 14 - 20



Abbiamo intervistato per voi Ugo Panella che ringraziamo tantissimo per il suo racconto e per averci regalato gli scatti che pubblichiamo.



Il titolo della mostra fa riferimento al cambiamento che sta avvenendo in particolare, grazie alle donne: in che modo le donne in Afghanistan stanno dando il loro apporto per stabilire pace, democrazia e libertà?                                       


L'Afghanistan è un Paese complicato, martoriato da 30 anni di guerra, percorso da interessi di ogni tipo, economici, militari, geopolitici...dove i signori della guerra, capi clan e signori della droga hanno fatto di quel conflitto la loro cassaforte personale. Fiumi di dollari confluiti con gli aiuti internazionali hanno molto spesso preso strade del tutto diverse da quelle per cui erano stati stanziati.
In questo scenario si muove una popolazione spogliata di ogni diritto e di ogni possibilità di accedere ad un minimo di benessere.
Le donne afgane rappresentano la parte sana di una società che subisce gli eventi. Lavorano, crescono i figli, si scontrano spesso contro una realtà che le vorrebbe sottomesse ed invisibili. Sono la parte sana della società e questa loro forza produce futuro. Un futuro difficile che non comprende parole come "democrazia e libertà", concetti ancora difficili per chi è abituato a tradizioni tribali radicate nei secoli.


Che cosa significa “legalità” in Afghanistan? E che importanza hanno avuto le recenti elezioni per la società civile?


Anche il concetto di " legalità " è del tutto irreale in uno scacchiere che prevede interessi di ogni tipo. Un paese in guerra, dove la trasparenza è un'illusione, si possono attivare affari di ogni tipo e non tutti legali.
Le recenti elezioni danno speranza di qualche possibile cambiamento. Ho visto soprattutto le donne convinte ed eccitate per la possibilità di cambiare in futuro il loro destino. In fila sotto la pioggia hanno atteso ore per poter votare. Felici di quel momento insperato. Con i figli in braccio e la sensazione di essere protagoniste di un momento importante. 




Come si è avvicinato alle persone che ha ritratto e le sue fotografie sono frutto di una scelta stilistica anche etica?


Le persone che ho ritratto sono il frutto di conoscenza, di rapporti costruiti in tanti viaggi con Pangea onlus... che da 12 anni ha avviato un progetto di microcredito alle donne, dando speranza e futuro a migliaia di famiglie che con quel piccolo prestito hanno potuto avviare attività economiche e attraverso corsi di formazione (diritti umani, sanità, alfabetizzazioni) avere anche la possibilità di costruirsi una consapevolezza laddove la società maschile le vorrebbe sottomesse.
Ho voluto raccontare la pace e non la guerra.
L'immaginario identifica l'Afghanistan come una terra di violenza e di miseria.
Ho preferito sfatare questo luogo comune attraverso immagini anche estetiche.
La bellezza concorre a creare la pace. Ho scelto un racconto nel quale s'intravedesse un quotidiano normale, sia pure in un contesto di guerra. La gente chiede normalità e la voglia d'inventare un futuro diverrso.


La fotografia di Laila che alza il burqa e si scopre il viso: quello scatto ha un valore simbolico?

La foto di Laila è assolutamente simbolica.
Quel gesto con il quale solleva il burqua, quel sorriso aperto e dolce...rappresenta la metafora di una liberazione da costrizioni e retaggi atavici. Una sfida alla vita.
Lei ha avuto un'esistenza difficile, con tre figli da mantenere, abbandonata dal marito.
Dieci anni fa viveva in una stamberga fatta di macerie. Entrata nel programma di microcredito di Pangea, ha costruito giorno per giorno un futuro allora insperato.
Oggi è una dirigente del progetto e forma altre donne, i suoi figli studiano, ha finalmente una casa con un piccolo giardino dove ha piantato le rose.
Laila è la dimostrazione tangibile di come si può rinascere anche dalle situazioni più disperate.


Dato che da anni segue il lavoro di Pangea, può parlarci anche del progetto “Casa Pangea” rivolto ai bambini?


   
CASA PANGEA è un progetto più recente e coinvolge tanti bambini ai quali si danno la possibilità di una crescita meno complicata. Hanno maestre che li seguono nell'alfabetizzazione, hanno un pasto caldo, giocano e si regala loro un'opportunità di vivere al meglio la loro infanzia.
In Afghanistan esistono migliaia di bambini che vagano nelle strade, tra mille pericoli,
senza che nessuno li accolga e senza nessun affetto. La violenza è la regola quotidiana.