martedì 8 luglio 2014

Cercando Lindiwe: senza memoria non c'è identità





Valentina Acava Mmaka è una scrittrice italo-sudafricana, giornalista e attivista per i diritti umani. E' da poco uscito un suo romanzo - già edito nel 2007 e ora ripubblicato per Kabiliana Press - intitolato Cercando Lindiwe. Lindiwe è una donna nera, costretta ad abbandonare il Sudafrica a causa del massacro di Shaperville, avvenuto nel 1960 quando decine e decine di manifestanti pacifici vengono massacrati perchè protestano contro il pass, il lasciapassare dei neri per poter uscire dai ghetti.

Dopo 33 anni di esilio, la protagonista torna in patria, con il nome di Ruth. Ritorna sul proprio Passato e su quello del Paese: sull'apartheid, sulle discriminazioni, sui delitti. Una donna che vuole ricomporre la propria idendità perchè, come scrive l'autrice: “Non esiste identità se non c'è memoria”.

Un romanzo che rapisce e indigna. Un romanzo che ridà speranza solo, però, dopo un percorso di consapevolezza e riconciliazione.



Abbiamo rivolto alcune domande a Valentina Acava Mmaka e la ringraziamo molto per questo suo intervento.



Ci può, brevemente, spiegare cosa significhi essere esiliati?



L’Esilio è l’esperienza migratoria più estrema e ineluttabile. L’esilio è una separazione non solo dalla propria casa, dagli affetti ma anche dal proprio passato.

Il poeta Wallace Stevens lo definisce una “mente invernale”, la tensione verso una stagione più mite è solo un’illusione per l’esule. L’esilio di Lindiwe, nel romanzo, rispecchia questa immagine, quasi di fissità, di congelamento, di irrigidimento. L’essere partiti con il biglietto di sola andata è una condizione psichica estrema che trasforma la percezione della realtà nuova, quella dell’esilio, e anche quella del passato lasciato alle spalle. Stuart Hall diceva che ogni migrazione, dunque anche l’esilio, è in ogni caso sempre un viaggio di sola andata.



Qual è il prezzo che la protagonista ha dovuto pagare in nome della propria libertà? E quella libertà è strettamente collegata ai concetti di “appartenenza” e di “identità” che attraversano tutta la narrazione?



Lindiwe paga il prezzo più alto dalla sua esperienza di esilio rinunciando in primis alla nozione di appartenenza. L’esilio spazza via tutte le certezze e la spinge in un limbo che la rende estranea persino alla causa per la quale ha sempre lottato. La sua idea iniziale di continuare la lotta nell’altrove, in un luogo più “sicuro” nel quale enfatizzare la causa anti segregazione, è morta nel preciso momento in cui la nave è partita dal porto di Durban. La mancanza di tangibilità con il luogo della sua lotta diventa un deterrente. L’esilio definisce l’esule in relazione al luogo a cui appartiene, dove è nato, dove custodisce gli affetti e nel quale gli viene spesso negata la libertà, un rapporto di amore e di odio al tempo stesso. Per estremo l’altrove le impone, direttamente e indirettamente, di vivere uno spazio disconnesso senza corrispondenze, anche la vicinanza con altri esuli non sortisce in lei alcuna empatia o riconoscimento, poiché l’esilio è una esperienza legata al luogo che si lascia e in quanto tale, alla lingua, alla storia, è un legame di di affinità, di corrispondenze. L’esilio rappresenta un’ “assenza” ed è in essa che nasce il conflitto identitario della protagonista, dove attraverso un gioco di sdoppiamento della persona, tenta di capire le ragioni della sua inerzia, del suo “inverno” interiore.



Che cosa si intende per “ubuntu”?



L’ubuntu fa riferimento all’etica secondo cui io sono ciò che sono perché gli altri sono. È un principio fondamentale che può prestarsi come premessa di una società basata sul rispetto, sulla solidarietà, sul confronto, sulla riconciliazione. Un’utopia allo stato attuale in cui si trovano le società mondiali.


Può approfondire anche il tema che riguarda l'importanza della Memoria? Memoria storica, Memoria collettiva...


La scrittrice Toni Morrison scrive che non si può dare una passata di bianco al passato. Per quanto doloroso, anzi, maggiore esso è doloroso, con maggior vigore la fiamma del suo ricordo va alimentata. La memoria storica è un bene cui la collettività non può e non deve rinunciare. E’ importante per una società stabilire una relazione permanente costante e continua con il proprio passato, ci permette di sapere dove vogliamo che la “nostra” storia personale si collochi .La memoria aiuta una comprensione più ampia della Storia. Essa seleziona e moltiplica i significati degli eventi e li pone sul piano dei sentimenti e delle emozioni. In questo senso la memoria collettiva è indispenssabile ai fini dell’identità che rischia altrimenti di essere corrosa dalla frentica corsa verso la globalizzazione del presente.

La scrittura è il luogo che incarna il mio ideale di libertà. La scrittura declina concetti come patria, casa, paese nell’unico modo accettabile. In essa trovo possibile tradurre la realtà interna ed esterna trasferendola ad un piano immaginario dove posso riscriverla. La scrittura è la mia coscienza e la mia responsbailità come artista e donna.