lunedì 8 dicembre 2014

Quando Beethoven si fa contemporaneo





7 dicembre 2014: inizia, alle 18.00 a Milano, la prima della Scala che apre la stagione artistica con il Fidelio di Ludwig Van Beethoven.

Fuori dall'edificio del Piermarini gli scontri si fanno accesi: esponenti dei centri sociali e di associazioni per il diritto alla casa montano la sommossa. Alla base delle proteste dei manifestanti, infatti, i temi caldi dell'attualità: il jobs act e la casa per tutti. La polizia è dovuta intervenire, contusioni e ferite da entrambe le parti.

Questo, appunto, fuori.

Ma la novità è quello che accaduto dentro il tempio della musica e della cultura meneghino.

Il maestro Daniel Barenboim ha diretto in maniera eccellente l'unica opera del compositore tedesco, meritandosi 12 minuti di applausi, da loggione e platea, e tanti fiori colorati sul palco.

Vogliamo soffermarci, innanzitutto, sul testo del libretto - scritto da Joseph Sonnleithner, Stephan von Breuning e Georg Friedrich Treitschke - che dal 1803 fa ancora riflettere.

Si basa su un fatto realmente accaduto nel periodo del “Terrore” francese, quando l'autore del romanzo da cui l'opera è tratta accusa pubblicamente il tribunale rivoluzionario di Tours.

Primo atto: l'azione si svolge nella Siviglia del XVII secolo. Don Pizarro è il governatore di una prigione in cui ha fatto imprigionare Florestan, appunto accusatore dei soprusi del potere. La moglie di Florestan, Leonora, si traveste da uomo e prende il nome di Fidelio per entrare nel carcere e capire dove sia rinchiuso l'amato marito. Per fare questo, si fa apprezzare da Rocco il carceriere e conosce la figlia di questi, Marzelline, che si innamora proprio di Fidelio. Ma Fidelio/Leonore decide di ingannare Rocco e Marzelline pur di entrare nei sotterranei della prigione e salvare il marito.

Atto secondo: Pizzarro ordina a Rocco di scavare la fossa a Florestan perchè è intenzionato a ucciderlo, prima che arrivi il Ministro in città. Rocco chiede aiuto proprio a Fidelio che, suo malgrado, accetta la terribile situazione: scende negli inferi, si rende conto in che situazione sopravvivono i detenuti, cerca di portare conforto e, intanto scava la fossa. Ma arriva il Ministro, esempio di equità, che ascolta il resoconto dei fatti e libera i protagonsiti e gli altri incarcerati.
 
 

Questa è, brevemente, la trama dell'opera: un testo antico che risulta molto attuale per i temi trattati: i valori della giustizia e della libertà, l'arroganza dei potenti e la speranza affidata al senso di umanità e di pietas, affidati alle donne. E poi l'amore, quell'amore non egoistico, ma che unisce un uomo e una donna, un marito e una moglie, ma che poi si fa amore per tutti.

Ma interessantissima ed efficace è stata anche la messa in scena della regista Debora Warner, e dei suoi collaboratori, che ha trasposto in chiave contemporanea il senso dell'opera: attori con costumi moderni, scenografie attuali, una comunicazione non verbale (gesti ed espressioni) tipiche dell'oggi e anche un bacio tra due donne, su quel palco sacro, come può esserlo quello della Scala di Milano, per andare dritto alla mente e al cuore anche degli spettatori più giovani: perchè proprio a loro bisogna parlare e insegnare che l'Arte è grande quando fa commuovere e apre squarci sul nostro mondo e su ciò che accade intorno a noi.





Tanti i riferimenti alla pittura e anche al cinema classico: ad esempio, alcuni quadri ricordano Metroplis di Friz Lang; la luce nella scena corale del finale, di taglio, riporta alla mente la luce salvifica del Caravaggio. E proprio la luce - che alcuni prigionieri, di colore, non possono vedere perchè bendati - viene poi ritrovata da tutti, grazie alla presa di coscienza dei propri diritti.