venerdì 5 dicembre 2014

Sex workers: il corpo e il lavoro




Qualche settimana fa si è tenuto a Milano, nella Sala Alessi del Comune, un convegno sul tema della tratta a scopo sessuale, fortemente voluto dalla Caritas Ambrosiana e a cui hanno partecipato sindacati confederali e il Forum permanente sulla prostituzione.

Perchè questo convegno? Perchè nel Consiglio regionale lombardo è passata la proposta referendaria di riaprire le cosiddette “case chiuse”, già abolite dalla Legge Merlin. La riapertura dei luoghi “di piacere” dovrebbe servire a togliere dalla strada le 4500 ragazze che vendono il proprio corpo in Lombardia e non solo: il provvedimento, infatti, è al vaglio anche in altre Regioni.

Ma questa soluzione non serve a nulla, secondo Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, che afferma: “ Creare quartieri a luci rosse non impedisce alle organizzazioni criminali di prosperare, così come le multe contro i clienti e le prostitute sono risultate fallimentari. Si potrebbero avere più risultati creando un'agenzia nazionale anti-tratta”.

Traffici illeciti, spaccio di droga, immigrazione irregolare: questi sono gli altri temi strettamente collegati a quello della prostituzione e vengono approfonditi anche nel saggio dal titolo Vendere e comprare sesso di Giulia Garofalo Geymonat, ricercatrice presso l'Università di Lund, in Svezia, e pubblicato da Il Mulino.

Centrale, nell'analisi della studiosa, il fatto che l'attività di vendità del proprio corpo venga considerata come una fonte di reddito e,quindi, un'attività lavorativa, ma mai si tratta di una scelta libera. Quindi, nel saggio, vengono prese in considerazione le esigenze delle/dei sex workers.

In Italia la percentuale maggiore è data dalle donne, immigrate e non, e dai transessuali che, spesso, si prostituiscono per i bisogni primari: comprare cibo, affittare un alloggio o anche mandare i figli a scuola. Altri motivi riguardano la cura della salute o il pagamento di debiti contratti, anche per motivi di tossicodipendenza.

Sempre in Italia - come in Gran Bretagna, Francia, Danimarca - vengono puniti coloro i quali sfruttano la prostituzione, ma non si riconosce lo scambio prostituzionale. In Svezia, invece, dal 1999 è entrata in vigore una legge molto severa nei confronti dei clienti perchè la richiesta di rapporti a pagamento viene considerata una vera e propria violenza nei confronti delle donne.

In Germania e in Olanda, dove invece il fenomeno è legalizzato, si sono ottenuti buoni risultati in termini di controllo sanitario ed emarginazione sociale. Risulta molto efficace la legge italiana contro la tratta (art.18 legge 40/1998 sull'immigrazione) perchè permette di dare aiuto alle persone immigrate senza doverle rimpatriare: alcune ONG, in collaborazione con le Questure, forniscono agli immigrati alcuni percorsi di protezione che prevedono un sostegno legale, l'alloggio in una casa-rifugio, un medico e, a volte, uno psicologo.