sabato 14 febbraio 2015

Uomini che odiano (amano) le donne





Il nuovo libro di Monica Lanfranco dà la parola agli uomini per indagare, ancora più a fondo, quali sono le radici e i motivi di tanta violenza nei confronti delle donne.






L'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande all'autrice e giornalista e vi ricorda che sarà possibile dialogare con lei in occasione dell'incontro che si svolgerà: lunedì 9 MARZO, alle ore 18.30, presso il Centro Asteria, in Piazza Carrara 17.1 Milano



Ringraziamo molto Monica Lanfranco.





L'idea del libro nasce da sei domande che ha posto ad alcuni uomini: come hanno reagito alle sue sollecitazioni?



Avevo chiesto espressamente che chi desiderava rispondere scrivesse alla mia e-mail. Online ci sono state più di mille risposte e molte negative: si passava dal dileggio all'insulto diretto, dato che nella mia presentazione dicevo di essere giornalista, formatrice e femminista. La parola “femminista” in Italia, in Europa è una parolaccia e ha scatenato reazioni che mi hanno molto turbata.

Alcuni, invece, hanno risposto alle domande, forse per attirare l'attenzione, mentre per altri era un bisogno e queste reazioni sono state il motore che ha messo in moto il desiderio di renderle pubbliche perchè, dalle frasi più piccole fino ai flussi di coscienza, mi hanno molto emozionata. Le domande più cogenti rispetto ai problemi che ci sono nella realzione uomo-donna, cioè la violenza manifesta e occulta, venivano indagate e questo ha dato origine al libro.



Quali risposte sono state date alle domande sul rapporto tra violenza e sessualità?



Non sono state risposte inaspettate: entrando da molti anni nelle scuole e facendo iniziative pubbliche, emerge una verità di fondo rispetto alla percezione della violenza: il grande problema è la difficoltà, se non il rifiuto, di riconoscerla, per cui alcuni comportamenti non vengono proprio rubricati come violenza ma, da parte degli uomini in particolare, c'è una presa di distanza che va sotto la denominazione “Io non ne faccio, la fanno gli altri” e sono quasi sempre gli stranieri. Pochissimi annoverano la possibilità della violenza dentro di sé.

A differenza delle donne che hanno fatto un percorso nel femminismo, gli uomini non hanno fatto questo percorso di presa di coscienza; per questo c'è ancora una cultura patriarcale e gli uomini non si assumono la responsabilità di appartenenza al genere maschile.



Gli uomini hanno bisogno di una rieducazione affettiva? Uomini e donne possono intraprendere insieme un percorso che li riavvicini?



Credo che ci sia bisogno di una educazione ai sentimenti e all'affettività così come un'educazione antisessista che riconosca le matrici profonde sociali, culturali e umane che portano il sessismo ad essere la prima forma di violenza.

La violenza contro le donne è un problema globale, ma si può contrastare fin dall'inizio: segnalo l'ultima parte del bel documentario “Giulia ha picchiato Filippo” che racconta la storia narrata dalle donne ospiti di un centro contro la violenza e, negli ultimi dieci minuti, si racconta come nasce la stereotipizzazione delle femmine e dei maschi: un bimbo picchia una bambina e la bambina viene colta nel momento in cui si sta difendendo e diventa lei la carnefice...Il racconto è il racconto della matrice di questa situazione: la famiglia, quella madre e quel padre, quel non voler vedere, quel cominciare a dire subito “Tu sei una femmina e quelle cose non le fai, tu sei un maschio e alcune cose le puoi fare”.

C'è, inoltre, molto bisogno di una cultura di base che coinvolga uomini e donne in un riavvicinamento legato all'abbassamento della febbre che percorre il pianeta, la febbre della guerra fatta alle donne; è necessario, quindi, reimpostare il dialogo tra i generi perchè un mondo violento per la metà di chi lo abita, è un mondo violento per tutti.