sabato 28 marzo 2015

Dal World Social Forum: Vittorio Agnoletto

 
 
 
 
 



E' in corso, dal 24 al 28 marzo, il Social Forum mondiale 2015 che si è aperto al Campus Farhat Hached El Manar, a Tunisi, dieci giorni dopo l'attentato jihadista al Museo del Bardo. Più di 70mila persone parteciperanno a seminari, convegni ed eventi culturali in programma.

Il motto della giornata inaugurale è stato: «Popoli di tutto il mondo uniti per la libertà, l'uguaglianza, la giustizia sociale e la pace. In solidarietà con il popolo tunisino e tutte le vittime del terrorismo, contro ogni forma di oppressione» e nei prossimi giorni il Forum darà vita ad una specifica commissione per redigere la “Carta internazionale altermondialista contro il terrorismo”.

Durante i lavori si parlerà di giustizia sociale e fiscale e sarà affrontata anche la questione palestinese, soprattutto dopo la vittoria del Likud ad Israele. Mustafa Barghouti, politico e medico attivo nelle Organizzazioni non governative, nel giorno di apertura del Forum, ha affermato: «Siamo qui come palestinesi per esprimere la nostra solidarietà al popolo tunisino, ma anche per promuovere la nostra lotta contro l'apartheid imposta da Israele». Tra le delegazioni presenti a Tunisi anche quella proveniente dall’Algeria.



Iniziamo a riportare due report di Vittorio Agnoletto, attivista ed eurodeputato, dal Forum e, prossimamente, l'Associazione per i Diritti Umani vi terrà aggiornati con le interviste ad altri partecipanti.







TUNISI: IL SOCIAL FORUM IN UN PAESE CHE VUOLE RESTARE NORMALE


Dopo il 18 marzo il rischio e' che nella popolazione cresca la richiesta di un regime forte,
una dittatura, per fronteggiare il rischio del terrorismo e dell'integralismo islamico, mi racconta Fathi Chamkni, deputato tunisino del Fronte Popolare all'opposizione dell'attuale governo. Sull'esercito non abbiamo timori; quattro anni fa ha difeso la rivoluzione e nella nostra storia e' sempre stato leale verso chi governava, chiunque fosse e qualunque sistema ci fosse. Diversa e' la situazione della polizia che nel passato ha represso i movimenti democratici e in gran parte rimpiange il regime precedente. Oggi le cose vanno un po' meglio perche' è nato un sindacato di polizia che difende gli spazi di democrazia. Ma alcuni dei vertici della polizia che il governo ha dimesso dopo l'attentato del 18 marzo erano tra quelli che sostenevano il regime precedente.

La polizia si divide quindi in tre parti: una minoritaria che sostiene la democrazia, una che ha simpatia verso settori islamici integralisti e la maggioranza che e' a favore di un regime forte. E questo e' un problema. Il governo attuale e' debole. Il Fronte Popolare ha convocato una propria conferenza nazionale per maggio, abbiamo grande urgenza di aggiornare la nostra strategia e dobbiamo riuscire a rendere evidente alla popolazione che esiste un'alternativa al terrorismo e al richiamo al governo forte e dittatoriale.
"Dopo la manifestazione di apertura che si e' svolta ieri sera sotto una pioggia torrenziale si e' aperto oggi il Forum. Decine di migliaia i partecipanti da tutto il mondo, moltissimi giovani tunisini, molte le delegazioni dai Paesi del Maghreb, ampia la presenza di giovani dal resto del continente africano e, come consueto, varie centinaia i sono i brasiliani.
Tantissimi sono i temi discussi nelle decine di seminari che si svolgono nell'Universita' di
El Manar. Ampio spazio hanno sia i temi legati alla sovranita' alimentare e alla lotta contro l'accapparramento delle terre con la denuncia da parte di Via Campesina del ruolo che giocano in questo fenomeno oltre alle grandi compagnie internazionali anche alcuni Paesi europei; sia la lotta al traffico degli esseri umani che e' stata al centro di un seminario organizzato da Libera e da alcune associazioni tunisine al quale hanno partecipato i comboniani e la Federazione delle
Chiese Evangeliche: in assenza di una collaborazione umanitaria tra gli Stati il tentativo e' quello di rafforzare la collaborazione tra la societa' civile dalle due sponde del Mediterraneo.

Se si eccettua il discreto controllo da parte della polizia al quale devono sottoporsi tutti coloro che entrano al Forum e la presenza di alcune camionette militari davanti ai punti sensibili situati nel centro della citta' e i rotoli di filo spinato in alcune traverse della centrale Avenue Burghiba non e' facile per i partecipanti al Forum rintracciare i segni della strage del 18 marzo. Ma il museo del Bardo rimarra' chiuso tutta la settimana.
Ho incontrato un gruppo di ragazzi tunisini che partecipano al Forum e ho chiesto loro come e' cambiata la loro vita dopo il 18 marzo. "In nulla, tutto prosegue come prima - mi hanno risposto - non deve cambiare nulla, altrimenti diamo ragione ai terroristi. Certo che abbiamo paura, e' vero che alcune migliaia di nostri connazionali combattono in Siria a fianco dell'ISIS ed anche vero che qui ci sono delle cellule dormienti, ma la nostra vita non deve cambiare. Noi dobbiamo difendere la democrazia che abbiamo conquistato con la nostra rivoluzione cinque anni fa e se sara' necessario sapremo resistere.
“Non sono solo i ragazzi presenti al Forum a pensarla cosi'. L'impressione che si ha qui a Tunisi e' quella di uno sforzo nazionale collettivo per cercare di mostrare in ogni aspetto della vita quotidiana un senso di normalita'. La maggioranza dei quotidiani tunisini riporta le notizie relative alle indagini sui fatti del 18 in prima pagina ma spesso non dedica loro l'apertura e gli articoli riprendono nelle pagine interne e spesso precedute da altre notizie nazionali o internazionali. Questa scelta ha certamente anche motivazioni economiche: evitare un forte calo del turismo, si considera che siano alcune migliaia (tra i 3 e i 5.000) i turisti che hanno cancellato le loro prenotazioni per le vacanze pasquali. L'obiettivo delle autorita' tunisine e' quello di considerare l'attentato una parentesi in un Paese che rimane "normale" a differenza di quanto avviene in tutti i Paesi confinanti.


DEBITO E MEDIO ORIENTE AL CENTRO DEL DIBATTITO

Si e' svolto oggi il Forum Parlamentare mondiale con al centro il tema della giustizia sociale e della critica all'enorme potere concentrato nelle mani di poche multinazionali. Sono interventi diversi parlamentari tunisini che hanno sottolineato come la Tunisia negli ultimi decenni sia stata terreno di conquista delle grandi compagnie soprattutto europee con la complicità' del regime tunisino. "Ben Ali' in 20 anni ha ricevuto grandi "prestiti" dalle nazioni europee; abbiamo restituito già' ben più' di quanto abbiamo ricevuto - hanno dichiarato i tunisini - ma a causa degli interessi il debito non si estinguera' mai . Se l'Europa vuole veramente aiutare la Tunisia allora cancelli il debito residuo contratto dal regime precedente. Se veramente l'UE e' interessata al nostro futuro e alla lotta contro il terrorismo integralista allora ci aiuti nella lotta alla poverta' che e' l'antidoto migliore contro il reclutamento dei giovani da parte dei gruppi terroristi. Non si limiti la UE a chiederci di rafforzare i confini e a mandare fondi per costruire campi dove fermare i disperati che cercano di attraversare il Mediterraneo, ma cancelli il nostro debito." A questa richiesta fino ad ora ha risposto, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, solo l'Italia con la disponibilità' a cancellare parte del debito. Una senatrice svizzera intervenendo nel corso del Forum Parlamentare ha confermato che nelle banche del suo Paese sono stati congelati gli ingenti depositi fatti nel corso degli anni da Ben Ali, quando era il signore assoluto della Tunisia. La cosa più ovvia sarebbe restituire quei beni allo stato tunisino, considerando che si tratta di ricchezze sottratte alla collettività' nazionale. Ma, secondo la senatrice, la questione e' tecnicamente complessa e per ora si e' in una situazione di stallo.
Il Forum e' anche occasione per incontri fino a poco tempo fa impensabili. Accopagnati dall'associazione "Un ponte per Baghdad" e' giunta una delegazione di 25 iracheni rappresentanti di varie realtà' locali impegnate in patria nelle vertenze sulla difesa dei diritti umani, per l'acqua pubblica ecc. All'interno della medesima delegazione convivono sunniti, sciti e realtà' fra loro profondamente
differenti impegnate in uno sforzo comune per ricostruire un Iraq degno di essere abitato. Queste realtà' nel settembre 2013 avevano dato vita al primo Forum iracheno molto partecipato e qui a Tunisi hanno annunciato che ad ottobre di quest'anno si svolgerà' la seconda edizione aperta a delegazioni di tutto il medio oriente e della Mesopotamia. Ma la cosa più interessante e' la riunione a porte chiuse che si e' svolta tra la delegazione irachena e i siriani partecipanti al Forum. Un primo tentativo di incontro tra rappresentanti della societa' civile di due Paesi attraversati dalla guerra che ha avuto come tema la ricerca di modalità' per costruire percorsi condivisi e di pace in situazioni di conflitto.

Il Forum e' anche questo: fornire la possibilità' d'incontrarsi tra soggetti che a casa propria percorrono strade differenti: un'esperienza importante di diplomazia dal basso che apre qualche spiraglio di speranza. Tutt'altro clima quello che si e' respirato in un altro seminario svoltosi poco distante: alcuni uomini e donne di Kobane hanno raccontato la tragedia della loro citta', la distruzione, la guerra, la mancanza di cibo. Non e' mancata oltre all'accusa alla Turchia di fiancheggiare l'ISIS, una dura critica ai paesi occidentali che si rifiutano di appoggiare in modo consistente i curdi. Una storia che conosciamo, ma ascoltarla dalla viva voce di queste donne produce un effetto ben diverso.