lunedì 30 marzo 2015

Oltre i tre metri quadri: il nuovo rapporto di Antigone relativo alle carceri


 


Colpisce subito un numero: il 100,8%, che si riferisce al tasso di affollamento delle carceri italiane. Si tratta di uno dei tanti numeri che fanno parte delle ricerche svolte per l'annuale rapporto di Antigone sullo stato degli istituti di pena, quest'anno intitolato "Oltre i tre metri quadri".

Nel testo si legge che i detenuti presenti al 28 febbraio 2015 erano 53.982, di cui il 32% stranieri. Al 31 dicembre 2013 erano invece 62.536. Ad oggi sono dunque 8.554 in meno rispetto a fine 2013. Antigone sottolinea che questo cambiamento "non è tuttavia servito a risolvere completamente il problema del sovraffollamento: i posti regolamentari in tutte le carceri del Paese sono infatti 49.943 secondo il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). "Se si tiene conto delle detenzioni transitorie - si legge nel documento - il tasso di sovraffollamento potrebbe salire al 118%". Sono poi circa 4.200 i posti inutilizzabili per manutenzione. I reati L’Italia è tra i Paesi più sicuri al mondo con un tasso di 0,9 omicidi ogni 100mila abitanti, addirittura al di sotto della media Ue.

Dall'inizio dell'anno sono stati regitrati 9 suicidi e 44 i detenuti si sono tolti la vita nel corso del 2014. Numeri, superiori alla media europea. Nelle nostre carceri sono inoltre detenuti 14 combattenti jihadisti.

Il rapporto parla anche dei braccialetti elettronici: sono duemila circa quelli in uso oggi e il loro noleggio costa 2,4 milioni di euro.

La ricerca ha riguardato anche il 41 bis, il carcere duro che viene commentato con i seguenti dati: "Nelle carceri italiane, il numero complessivo di detenuto sottoposti al regime duro del 41 bis è pari a 725 e, secondo quanto dichiarato dall'amministrazione penitenziaria, sarebbero 14 i detenuti accusati o condannati per terrorismo internazionale jihadista".


Giovanni Torrente, di Antigone, ha così risposto alle nostre domande:


Come avete condotto l'indagine e quali i risultati significativi che emergono per quanto riguarda il sovraffollamento?



L’osservatorio di Antigone opera attraverso diversi strumenti, fra i quali uno dei più importanti è la visita all’interno degli istituti penitenziari. Antigone dispone infatti di un’autorizzazione ministeriale in base alla quale i suoi osservatori hanno la possibilità di visitare le carceri italiane e, attraverso una griglia di raccolta dati, verificarne le maggiori criticità.

Accanto a tale strumento, gli osservatori si avvalgono di informazioni raccolte tramite testimoni privilegiati, cronache giornalistiche e confronti con operatori del settore.

Tale attività quest’anno ha osservato la quotidianità detentiva a seguito dei provvvedimenti emanati per incidere sul sovraffollamento penitenziario. Il quadro che ne emerge mostra come, a fronte della diminuzione del numero di detenuti, non sia significativamente mutato il clima di tensione all’interno degli istituti. Ciò si deve anche al fatto che i provvedimenti adottati, pur incidendo significativamente sul numero di persone recluse, non ha invece toccato la composizione sociale della popolazione detenuta, che ancora oggi appartiene in larga parte a gruppi sociali fortemente marginali.




Un tema a noi caro: cosa scrive Patrizio Gonnella a proposito degli stranieri detenuti? E della possibilità, per loro, di professare la religione?



Chiaramente l’esercizio della propria religione costituisce un problema. Ciò si deve sia alla mancanza di spazi, sia alle limitate possibilità di accesso per i ministri del culto di alcune religioni – soprattutto islamica – sia infine per i pregiudizi culturali che ancora oggi accompagnano molti operatori della giustizia penale.



Nel report sono inserite infografiche che permettono di fare un confronto con la situazione carcaeraria di due anni fa: c'è stato un miglioramento? In che modo si dovrebbe intervenire per garantire i diritti di base ai detenuti?



Come dicevo, un miglioramento chiaramente c’è stato. Tuttavia non è riuscito ad incidere su quei fattori che ancora oggi incidono pesantemente sulla dignità della pena: dalla fatiscenza dei luoghi alla inadeguatezza del carcere nell’affrontare le situazioni di disagio in cui versano molti condannati (tossicodipendenza, malattia mentale, percorsi migratori irregolari ecc.).

Gli interventi necessari sarebbero naturalmente numerosi. La madre di tutte le riforme dovrebbe essere l’approvazione di un nuovo codice penale attraverso l’introduzione di un sistema di diritto penale minimo consono ai principi del garantismo penale. Ciò si tradurrebbe, tra l’altro, in una differenziazione delle pene, con la perdita della centralità del carcere a favore di altri strumenti puntivi (risarcitori, riparativi, interdittivi ecc.) A ciò si potrebbe accompagnare una riforma dell’ordinamento penitenziario in senso più favorevole alla tutela dei diritti fondamentali del condannato e che limiti i meccanismi più infantilizzanti delle procedure penitenziarie. Infine, occorrerebbe intervenire anche a livello organizzativo e strutturale. Il luogo di espiazione della pena dovrebbe infatti mutare radicalmente nelle sue pratiche e nei suoi luoghi, in modo da divenire qualcosa che ricordi sempre meno la prigione così come oggi noi la conosciamo.



Cosa recita l'Art. 35 e qual è il bilancio a sei mesi dalla sua entrata in vigore?



Il biliancio, allo stato attuale, è purtroppo piuttosto deludente. Come noto, la norma prevede un rimedio risarcitorio per quei detenuti che siano stati reclusi in condizioni ritenute dalla CEDU come inumane e degradanti. Tale rimedio si concretizza in un risarcimento pecuniario di 8 Euro per ogni giorno di detenzione in condizioni inumane e degradanti per quei detenuti che attualmente sono in libertà, e di uno sconto di pena di 1 giorno ogni 10 trascorsi nelle medesime condizioni per chi attualmente è ancora detenuto. Purtroppo tali rimedi si stanno attualmente scontrando con una giurisprudenza della magistratura di sorveglianza (che è l’organo preposto a riconoscere i risarcimenti) piuttosto altalenante e in alcuni casi eccessivamente restrittiva. Ne deriva quindi, in diverse situazioni, una scarsa effettività della norma nel porre rimedio alle violazioni commesse.