sabato 25 aprile 2015

Freedom, Equality, Secularism: ecco la nostra cultura



di Monica Macchi


Per celebrare i 20 anni di Marea, “rivista femminista”, è stato organizzato a Genova un seminario pubblico sulla laicità come arma per lottare contro tutti i fondamentalismi che si basano sull’asse patriarcato-uso politico della religione. Sono intervenute Marieme Helie Lucas (sociologa algerina fondatrice della rete Wluml, Women Living Under Muslim Laws), Nadia Al Fani (regista tunisina di “Laicitè, inshallah”), Maryam Namazie (iraniana fondatrice di One law for all) e Inna Shevchenco (leader ucraina di Femen).








Marieme Helie Lucas ha posto l’accento su due fenomeni contigui ma non esattamente sovrapponibili cioè la crescita dell’estrema destra xenofoba e dell’estrema destra religiosa dove Islam e Cristianesimo hanno gli stessi valori e le stesse rivendicazioni (come dimostrato ad esempio alla conferenza di Rio+20 quando l’OIC-Organizzazione per la Cooperazione Islamica e la Santa Sede si sono alleati contro il paragrafo 244 sui diritti di riproduzione). Spesso le forze progressiste in Europa giustificano il fondamentalismo islamico dicendo che “bisogna rispettare la loro cultura” ma non esiste un’unica cultura musulmana ed inoltre cultura e religione non sono sinonimi: per questo bisogna decidere con chi dialogare. E’ un suicidio politico lasciare che le risposte della destra estrema siano le uniche risposte possibili anche perché c’è il rischio di abbandonare la nozione di universalismo e cittadinanza per approdare al comunalismo dove i diritti diversi in base alla comunità di appartenenza: solo la laicità può dunque garantire democrazia ed uguaglianza di fronte alla legge. Inoltre la sinistra deve capire di sostenere le forze progressiste perché solo insieme possiamo cambiare la narrazione sulle donne: così l’intervento di Maryam Namazie si è incentrato sulla vicenda di Farkhondeh accusata di aver bruciato il Corano e per questo aggredita e lapidata a Kabul da una folla inferocita. Ebbene in Occidente si è parlato pochissimo di questa storia ma ancor meno della resistenza delle donne che dopo aver protestato hanno portato a spalle la bara in modo che nessun altro uomo la toccasse, hanno marciato intorno alla bara, hanno intonato canti e quando il Mullah che ha giustificato l’omicidio ha intonato la preghiera gli hanno impedito di avvicinarsi e l’hanno costretto ad andarsene. Ma la resistenza delle donne ha avuto altri risultati, ad esempio suo fratello Najibullah ha preso come secondo nome Farkhondeh; le è stata intitolata la strada in cui è stata uccisa e ci sono stati 28 arrestati e 13 poliziotti sospesi.




Inna Shevchenco ha parlato del termine “ateo” che nell’uso corrente ha un’accezione negativa che limita la libertà di espressione oltre a concedere spazio agli estremisti: così la legge omofobica in Russia usa l’argomentazione che la propaganda gay può offendere la sensibilità dei russi. Bisogna imporre il dibattito sulla laicità riconoscendo che esistono anche gli atei e riconoscerne il valore positivo. Analogamente Nadia El-Fani nel suo film inizialmente titolato Ni Allah ni maître («Né Allah, né padroni», richiamo al motto anarchico Né Dio, né Stato, né servi, né padroni) e poi, dopo le minacce di morte cambiato in Laïcité, Inch’Allah! («Laicità, se Dio vuole!») tocca un tema chiave dell’agenda politica tunisina, cioè il riconoscimento di pieni diritti per i fedeli di tutte le religioni ma anche per gli atei. La richiesta fondamentale è la separazione tra diritto e religione per evitare, come succede invece in Marocco, di essere arrestati se non si rispetta pubblicamente il digiuno durante il Ramadan.

Trailer del film https://www.youtube.com/watch?v=SDPz0UcaMVM