domenica 12 luglio 2015

Sarajevo al centro della Storia e dell'Europa




In questo periodo sta girando nelle sale italiane un film interessante, che riporta al centro della memoria e della riflessione la città di Sarajevo e quell'area balcanica di cui poco si parla, ma che è stata ed è ancora al centro della Storia europea e non solo.


I ponti di Sarajevo è un'opera collettiva che ha visto al lavoro molti registi italiani e stranieri: Aida Becìc con il suo “Album”; Leonardo di Costanzo e “ L'avamposto”; Jean Luc Godard ha diretto “ Les ponts des souspirs”; Kamen Kalev di “Ma chére nuit”; Isild Le Besco con “Little boy”; Sergei Loznistsa e “Reflexions”; Vincenzo Marra regista de “Il ponte”; Ursula Meier di “ Silence mujo”; Vladimir Perisic con “Our Shadows will”; Cristi Puiu con “”Revellion”; Angela Schanelec regista di “Princip, Texte”; Marc Recha che ha diretto “Zan's journey”; e Teresa Villaverde con il suo “Sara et sa mére”.
I tredici autori, coordinati dal giornalista e storico del cinema Michel Frodon, accompagnano gli spettatori nella città dove, il 28 giugno 1914, fu assassinato l'arciduca Francesco Ferdinando, erede dell'impero austro-ungarico: l'episodio è considerato la causa scatenante della Prima Guerra Mondiale. Questo momento del Passato apre la narrazione con il cortometraggio di Kalev e con la parte intitolata L'avamposto di Di Costanzo in cui viene denunciata la follia della guerra e l'ingiustizia della logica militaresca; l'unica regista della Bosnia Erzegovina, Aida Begìc, sfoglia l'album della città nell'arco di quei cento anni che separano la Grande Guerra e il Presente; un lungo piano sequenza, anche dalle tinte leggere, caratterizza l'opera di Cristi Puiu che, spostandosi con la cinepresa da un albero di Natale verso la camera da letto di due anziani coniugi, affronta il tema della xenofobia.

Questi solo alcuni esempi dei registri e della sensibilità con cui gli autori, partendo dalla stessa città, hanno creato un ponte tra Europa occidentale ed Europa orientale. Gli episodi cinematografici sono legati dai disegni di Francois Schuiten che, poeticamente, raffigurano mani intrecciate. I ponti – fisici e mentali – si possono costruire ed abbattere; le mani accarezzano o usano violenza. L'intento di questo film è quello di ricostruire speranza, collettività, rispetto sulle macerie di quella parte del nostro continente ancora ferita.





Dedichiamo questo post ai cittadini di Srebrenica, ricordando che quest'anno ricorre il 20mo anniversario del massacro di Srebrenica che è stato, a tutti gli effetti, un atto di genocidio e crimine di guerra avvenuto durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina.

Migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi l'11 luglio 1995 da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, con l'appoggio dei gruppi paramilitari guidati da Željko Ražnatović[5], nella zona protetta di Srebrenica che si trovava al momento sotto la tutela delle Nazioni Unite.