sabato 5 settembre 2015

La paura degli studenti del Darfur





di Veronica Tedeschi




Nei Paesi Occidentali parlare di violenza nelle scuole contro bambini o ragazzi crea sempre stupore e incredulità, tanto da trasformare la notizia in un corposo servizio giornalistico che sarà in grado di oscurare le altre notizie per giorni.

Ed è corretto così, la violenza sui bambini deve creare stupore; in alcuni stati africani, però, questo tipo di emozioni non esiste, l’incredulità si è trasformata in rassegnazione, in quanto tali metodi sono diventati di routine in scuole e università.



Il governo alimenta un clima di paura e razzismo nelle università, in particolare a Khartoum e Omdurman. Dalla fine di aprile i giovani originari del Darfur sono vittime di una campagna di arresti indiscriminati, violenze e abusi sessuali portata avanti dai servizi di sicurezza legati al partito di governo” scrive Nuba Reports sulla situazione nelle università del Sudan. Il presidente sudanese Omar al Bashir il 2 giugno ha cominciato un nuovo mandato senza però avviare un dialogo con le forze di opposizione e questo basterà a non migliorare la situazione.



Le conseguenze di tali soprusi sono molteplici, gli stessi bambini e ragazzi possono diventare crudeli diventando a loro volta dei bulli o ancora, la violenza nelle scuole è spesso associata alla discriminazione contro gli studenti provenienti da famiglie povere, da gruppi emarginati o con particolari caratteristiche. Parliamo di violenze verbali ma anche fisiche o sessuali, come nel caso dei giovani del Darfur; la violenza sessuale e di genere è spesso diretta contro le ragazze ad opera di insegnanti e compagni di classe maschi.



Come accennato per la situazione del Sudan, tali violenze sono favorite dall’incapacità dei governi di mettere in atto misure legislative in grado di proteggere gli studenti dalle discriminazioni e dalle violenze. Inoltre, le scuole sono le prime istituzioni che risentono dei problemi che affliggono l’intera comunità in quanto composte da soggetti particolarmente vulnerabili e considerate moralmente e culturalmente importanti all’interno di una società.

Se a questo problema si associa anche il tasso di bambini che non frequenta le scuole, la situazione peggiora a vista d’occhio. In Africa occidentale e centrale si registra il tasso più alto al mondo: circa uno su tre, il 28%. Nel resto del continente, sono almeno 10 milioni i piccoli in età scolastica che rimangono a casa. Questa situazione e la sua non variabilità dipende dal riaccendersi dei conflitti e da altre difficoltà legale alla lontananza delle scuole o alla mancanza di risorse a famiglie estremamente povere.  




Le cose che si potrebbero fare sono tante ma per l’attuazione di queste proposte è fondamentale l’appoggio dei governi e la volontà di chi sta a capo della comunità.

La soluzione più semplice potrebbe essere promulgare leggi che proibiscano le punizioni corporali nelle scuole e nelle strutture educative messe in atto sia da insegnanti che da altri soggetti come i servizi di sicurezza - per riprendere ciò che accade nelle università sudanesi - e mettendo in atto dei meccanismi in grado di raggiungere questo risultato. Parallelamente si potrebbero creare dei canali accessibili e adeguatamente pubblicizzati che consentano a bambini e famiglie di denunciare le violenze in maniera sicura e anonima.

Ancora, creare programmi ad hoc che riguardino l’interno ambiente scolastico e che comprendano ogni questione rilevante, compresa la risoluzione non violenta dei conflitti e politiche anti-bullismo.

Per quanto riguarda il problema della non frequenza dei bambini è necessario ora più che mai mettere tra le priorità dei governi centro africani l’istruzione, ad oggi sottovalutata e considerata di scarsa importanza.

I conflitti in atto in Sudan, Congo o Tanzania non devono influire sull’istruzione, le scuole dovrebbero essere considerate “zone bianche”, da non toccare ed evitare di coinvolgere in ogni tipo di ostilità. 


Inoltre, un altro piccolo passo potrebbe essere quello di inserire all’interno dei villaggi e dei paesi le scuole che, nella maggior parte dei casi, si trovano fuori dal villaggio, molto lontane e difficilmente raggiungibili a piedi.

Ci sono diverse cose che si possono fare, manca solo la volontà dei Governi ad una rivalutazione delle priorità da affrontare e una completa attuazione di una normativa adeguata.