lunedì 7 settembre 2015

Onore, crimine e società patriarcale



di Monica Macchi



Quando la diciannovenne Reem Abu Ghanem è scappata per sfuggire a un matrimonio combinato, la polizia israeliana l’ha riportata a casa con l’accordo che la famiglia non le avrebbe fatto del male: un fratello, medico all’ospedale di Assaf Harofeh, ha procurato i sonniferi per soffocarla nel sonno e un altro l’ha strangolata e gettata in un pozzo… ebbene la condanna è stata “omicidio involontario”. Infatti i giudici hanno alleggerito la pena sulla base di referenze dei dignitari locali di “buona moralità” della famiglia. Per questo la Lista araba unita ha proposto di cancellare il termine “crimine d’onore” perché “un uomo che vuole controllare i comportamenti e la vita di una donna e per questo arriva ad ucciderla non ha niente d’onore e quindi è inappropriato attribuirgli termini positivi”.

Dall’inizio dell’anno ci sono già una decina di casi di donne arabo-israeliane assassinate dai loro familiari che secondo la denuncia di Neila Awad Rashid direttrice di Women Against Violence www.wavo.org sono discriminate in quanto donne da una società patriarcale e in quanto arabe da un sistema di apartheid. Secondo un recente sondaggio il 65% delle donne arabe non si rivolgerebbe mai alle autorità israeliane ritenendolo addirittura “dannoso”; inoltre i servizi di protezione sono insufficienti: su 14 case protezione solo 2 sono riservate alle donne arabe (la cui percentuale sulla popolazione è del 30%) di cui una appena chiusa perché “troppo costosa”. Se quindi nessun aiuto può arrivare dalle istituzioni, si è deciso di agire sulla cultura patriarcale accrescendo la sensibilizzazione dopo un’inchiesta tra gli studenti del Collegio Superiore di Haifa secondo cui il 20% degli studenti maschi ritiene accettabile questo crimine: sono stati istituiti corsi sull’uguaglianza tra sessi e campagne di presa di coscienza…i risultati verranno diffusi alla fine dell’anno scolastico.